Sottomessi alla Parola del dio vivente
01 novembre 2016
L’Assemblea battista verso la chiusura a Chianciano
Le chiese che fanno riferimento all’Unione cristiana evangelica battista d’Italia (Ucebi) sono inserite nell’Italia di oggi e riflettono i problemi che investono cittadini e cittadine del nostro paese, che siano nati e nate in Italia oppure arrivati e arrivate a livello individuale o comunitario da altre parti del mondo. Delle chiese talmente aderenti al contesto dell’Italia di oggi che la loro Assemblea (Chianciano Terme, Siena, 29 ottobre – 1° novembre) ha potuto rendersi conto perfino dello sciame sismico che stava interessando le regioni del Centro. Non parliamo di terremoto, perché quello lo hanno avvertito, e drammaticamente, le popolazioni maggiormente coinvolte: ma la percezione del problema, sia pure in forma minore, quando la struttura che ospitava l’Assemblea domenica 30 all’ora di colazione sembrava spostarsi lateralmente e i lampadari ondeggiavano, beh, questo sì. E il pensiero e la preghiera dei partecipanti sono stati rivolti ai e alle connazionali che stanno vivendo ore e giornate drammatiche.
Eppure la vita deve continuare, perché la vita dell’Unione, come la vita di ogni singola chiesa e come la vita di ogni credente, è una vita fatta per la testimonianza: da sessant’anni queste chiese battiste si sono ritrovate nella struttura a cui possono fare riferimento. Un percorso che non è stato semplice, ma proprio perché è stato ed è intessuto anche di problemi da affrontare, si può ben dire che alla sua marcia corrispondano abbondanti benedizioni che il Signore ha voluto dare a questo popolo credente, perché la sua Parola venisse testimoniata in questo Paese.
Non era semplice armonizzare l’identità congregazionalista con la gestione «centrale» di alcune questioni; non era semplice nemmeno darsi un’identità propria che sapesse guardare oltre l’impronta missionaria che le chiese battiste in Italia avevano ricevuto in altri decenni del secolo XX. Di questo si è parlato in una appassionante serata, quando i pastori Alessandro Spanu e Raffaele Volpe (quest’ultimo, presidente uscente e non più rieleggibile del Comitato esecutivo dell’Ucebi), sollecitati dal collega emerito Emmanuele Paschetto, hanno presentato il libro appena uscito di un altro pastore, Martin Ibarra y Perez: Costruire la comunione è il titolo della pubblicazione (per le edizioni dei Gruppi biblici universitari) che appunto ripercorre i primi 60 anni dell’Unione, 1956-2016. Molte sono certamente le interpretazioni possibili del rapporto fra Missioni americane e chiese battiste in Italia, ma certamente i nodi che vengono posti sul tappeto dalla pubblicazione – ha detto Paschetto – sono, guarda caso, alcuni fra quelli che costituiscono la maggior parte delle discussioni, delle tensioni creative, a volte le lacerazioni, fra le diverse «anime» dell’Ucebi stessa: le questioni legate all’etica, i rapporti con il cattolicesimo, i rapporti con la politica. Questioni che, a ben guardare, riguardano anche le altre denominazioni evangeliche nel nostro Paese.
L’importante, come sottolineato dal presidente Volpe, è che dall’esercizio di memoria compiuto con questo libro (e anche in quello di Piera Egidi Bouchard, Oltre il mare del tempo, dedicato alla storia delle donne battiste in Italia, presentato nella serata del sabato) emerge un intreccio profondo tra pensiero e passione: elementi indispensabili per mantenere viva la testimonianza evangelica attraverso epoche diverse. Quanto la testimonianza debba fare i conti con l’indifferenza e lo scarso interesse per Dio e Gesù Cristo, è sotto i nostri occhi ogni giorno, sia che definiamo la nostra epoca «secolarizzata» sia che la definiamo «post-secolare».
Dunque, la vita dell’Unione. Questi sessant’anni sono stati ripercorsi anche dalla relazione che il Comitato esecutivo ha presentato in apertura ai membri dell’Assemblea: e alcuni dati sono stati un po’ impietosi: la crudezza dei numeri che raccontano freddamente il calo della consistenza numerica in molte chiese non dice in realtà tutto. Tanto è cambiato del contesto sociale e culturale e del nostro modo di vivere. Non foss’altro che per la presenza dei e delle credenti provenienti da altri paesi nelle chiese locali in forma individuale o nella configurazione di chiese a maggioranza etnica, inquadrate a seconda dei casi in convenzione o come membro.
L’Assemblea ha discusso intensamente, a tratti con una sofferenza dovuta a quella passione di cui si diceva più sopra. D’altra parte il presidente uscente del Comitato esecutivo aveva detto nel culto iniziale di sognare «... una Unione in cui la capacità di stare fermi e quindi di essere fedeli alla propria storia e alla propria identità, si coniughi con il coraggio di mettersi in movimento, di vivere nella lotta e nel combattimento. Un’Unione conservatrice e rivoluzionaria allo stesso tempo. Vecchia e nuova. Antica e moderna. Ma tutto alla luce della sua sottomissione alla Parola di Dio vivente che è il Cristo, che giudica sia il vecchio sia il nuovo».
Questa è la sfida, sempre uguale e sempre diversa, sempre basata sulla fedeltà a Cristo: «State fermi in uno stesso spirito, combattendo insieme con un medesimo animo per la fede del Vangelo» (Filippesi 1, 27) era il versetto cardine dell’assise. Le linee guida per il futuro, traduzione operativa del pensiero maturato comunitariamente, sono quelle espresse nella mozione programmatica che è stata votata, articolata in vari punti fondamentali (interculturalità – crescita e sostenibilità – il battismo italiano tra i 60 e i 500 anni – protestantesimo italiano e relazioni ecumeniche – diaconia e otto per mille – formazione).