Sono centinaia i civili uccisi o feriti dalle mine antiuomo disseminate a Manbij, una città nel nord della Siria, rimasta sotto il controllo dell’Isis fino al 12 agosto scorso.
Durante un’indagine svolta dal 4 al 9 ottobre, l’organizzazione non governativa internazionale Human Rights Watch ha raccolto i nomi di 69 civili, tra cui 19 bambini, uccisi da mine antiuomo posizionate nelle scuole, nelle case, su strade, ponti e nei campi durante e dopo i combattimenti per il controllo della città. Il totale delle vittime è probabilmente molto è più elevato, dal momento che l’Ong non è stata in grado di fare una mappatura di tutti i quartieri e i villaggi.
Le persone intervistate hanno riferito che i civili, tornando alle loro case dopo i combattimenti, sono stati feriti o uccisi da ordigni esplosivi collocati nei portoni, alle finestre, sotto i materassi, nei frigoriferi, tra i vestiti, accanto ai televisori e ai rubinetti dei lavelli delle cucine. Il personale l’ospedale Hikmeh di Manbij ha riferito di aver ricevuto una media di sei feriti da esplosioni al giorno nelle prime settimane dopo la fine dei combattimenti, due dei quali in media sono morti per le ferite riportate.
Le mine antiuomo – bandite dal Trattato del 1997, a cui purtroppo la Siria non ha aderito – rappresentano una grave minaccia per i civili, soprattutto i minori, e rendono più difficile la messa in sicurezza di altre città e territori che erano sotto il controllo dell’Isis.
Funzionari delle forze armate hanno detto che le Forze democratiche siriane (Sdf), una coalizione di combattenti in maggioranza curdi sostenuta dagli Usa, hanno ripulito le strade principali durante e subito dopo i combattimenti: un team di 20 sminatori, addestrati dal contingente americano, ha cominciato a sminare edifici pubblici, tra cui scuole e ospedali, e anche abitazioni private. Ma è soltanto l’inizio.
Human Rights Watch ha fatto appello alle autorità militari e civili, nonché alle organizzazioni internazionali presenti sul territorio, di sensibilizzare la popolazione sulla minaccia delle mine e di attivarsi rapidamente a sminare le vaste aree coinvolte nel conflitto per facilitare il ritorno in sicurezza dei civili. Inoltre, ha chiesto ai paesi confinanti con la Siria di agevolare l’accesso alle organizzazioni che si occupano dello sminamento e a quelle che garantiscono l’assistenza umanitaria ai sopravvissuti.