Da poche settimane è iniziata a Kobane la costruzione della Casa delle donne, uno spazio di condivisione e solidarietà distrutto dai miliziani del Daesh durante l’occupazione della città siriana, di cui abbiamo parlato ad agosto. Siamo tornati in quei luoghi con Carla Centioni, presidente dell’associazione Ponte Donna che ha ideato il progetto di ricostruzione dopo un lavoro di scambio con le donne che gestivano il centro siriano. «In questi mesi – racconta Centioni – molte cose sono cambiate in meglio: la costruzione è iniziata a settembre e ora sono arrivate le prime foto delle fondamenta, delle gettate di cemento e della carpenteria. Questo ci rende entusiaste: vedere qualcosa che nasce in un luogo di distruzione è veramente emozionante».
Il progetto viene modificato e influenzato dal contesto di guerra?
«In realtà l’ha influenzato soltanto per un aspetto: noi non siamo potute entrare in Siria. L’invasione da parte della Turchia e il muro che il governo di Erdogan sta costruendo hanno inasprito le condizioni di sicurezza, quindi non siamo riuscite a fare una riunione con l’architetto e il supervisore dei lavori. Volevamo andare per avere delle garanzie che telefonicamente sono un po’ più complesse da ottenere».
Nel Kurdistan siriano l’applicazione dei princìpi del confederalismo democratico ha portato a una forma di parità di genere anche nelle figure istituzionali, come nel caso della doppia rappresentanza uomo-donna. Quali sono i principali problemi di genere in quel contesto?
«La parità di genere è un elemento, ma è stata una conquista che con gli anni le donne curde hanno compiuto, in un contesto geografico dove la figura della donna è continuamente svilita. È solo attraverso il lavoro delle donne curde, villaggio per villaggio, che si è raggiunta questa consapevolezza, anche attraverso la formazione.
Shirin Ebadi, premio Nobel per la pace nel 2013, afferma che le donne sono un solo popolo, e noi siamo d’accordo, anche perché la violenza che subiscono ha una matrice culturale patriarcale in tutto il mondo. Qui c’è però un elemento più forte, che è quello degli scritti che provengono da Abdullah Öcalan, il capo carismatico del popolo curdo, che affronta molto bene questo fenomeno. La sua lettura è quella della sconfitta del maschio che è dentro di noi, non solo negli uomini ma nelle donne stesse, perché la cultura ci ha permeato di patriarcato. Senza questo passaggio non possiamo cambiare la società, perché la prima schiavitù è proprio quella dell’uomo sulla donna. Abbattere il patriarcato è fondamentale per il cambiamento della società: con questa lettura comprendiamo meglio il nesso, quando le donne di Kobane dicono che combattono per l’umanità».
Il primo dicembre ci sarà il lancio ufficiale del progetto alla Sala stampa della Camera dei Deputati, durante il quale interverranno Carla Centioni, il moderatore della Tavola Valdese Eugenio Bernardini e un giornalista che si occupa del tema. Modererà Claudio Paravati, direttore della rivista Confronti e aprirà i lavori il saluto del deputato Khalid Chaouki.
Le foto dei lavori
Le foto dei lavori