«Per l’opinione pubblica e per l’agenda per lo sviluppo internazionale le adolescenti sono quasi scomparse. Non avere investito in politiche e programmi su misura per loro, le ha rese quasi invisibili», rilevava l’anno scorso, l’11 ottobre, il presidente dell’Unicef Italia Giacomo Guerrera in occasione della Giornata Internazionale delle bambine e delle ragazze, istituita dall’Onu nel 2011.
A distanza di un anno poco è cambiato, anzi i dati presentati solo ieri dall’Associazione Terre des Hommes presso il Senato della Repubblica con la quinta edizione del Dossier «La condizione delle bambine e delle ragazze nel mondo (2016)», sono allarmanti.
Il dossier evidenzia che l’anno passato 65 milioni di persone sono state costrette alla fuga da guerre e persecuzioni e, di queste, un milione si sono riversate in Europa. Nel 2015 circa 850.000 persone sono transitate attraverso la rotta balcanica, 90.000 erano minori non accompagnati, tra essi 7.000 ragazze.
Negli ultimi cinque anni in Italia il numero delle vittime di reati è cresciuto da 4.946 nel 2011 a 5.080 nel 2015; e in prevalenza erano minorenni: bambine e ragazze in una percentuale dell’87% colpite da violenze sessuali e il 91% di loro perché entrate nel giro della produzione di materiale pornografico e della prostituzione. I primi molestatori e sfruttatori, al contrario di ciò che si potrebbe pensare, non sono adulti, bensì coetanei. Come emerge anche dai dati resi noti dal Ministero della Giustizia e che ha in carico, presso i servizi sociali, 817 minori di sesso maschile condannati per violenze sessuali; 267 di loro ritenuti responsabili di sfruttamento della pornografia e di istigazione alla prostituzione minorile.
Se in termini generali numero delle vittime ha segnato un aumento del 3%, il drammatico aumento è «a tre cifre» nella pornografia minorile e tocca la vertiginosa quota del +543%.
E, un incremento a tre cifre è anche quello (+148%) che registra atti sessuali con minori di 14 anni, o minori di 16, da parte di parenti stretti e affidatari. Sono state 411 le vittime nel 2015, e il 78% di queste, ragazze.
«I dati della ricerca sono dunque impressionanti e fotografano un mondo nel quale la vulnerabilità di bambine e bambini è direttamente proporzionale al loro sfruttamento – ha commentato il pastore Luca Baratto, curatore della rubrica radiofonica di Radiouno Rai “Culto evangelico” –. I bambini e gli adolescenti sono gli esseri umani più fragili, quelli che risentono in modo più drammatico ed amplificato della guerra, dell’ingiustizia, della fame, della violenza. Per questo, nel Nuovo Testamento, Gesù li indica come i più autentici cittadini del regno di Dio. E come Gesù ha posto in mezzo ai suoi discepoli un bambino per insegnare loro le vere priorità dell’evangelo, così anche ogni persona con responsabilità di governo dovrebbe pensare le proprie politiche mettendo al centro i bambini e i loro bisogni così facilmente dimenticati e messi da parte».
Il pastore Baratto, per la Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei), in qualità di esperto in materia e come responsabile per i rapporti ecumenici della Fcei, ha partecipato ad uno storico accordo: «Le chiese dalla parte delle bambine e dei bambini», un impegno che il Consiglio ecumenico delle chiese (Cec) ha assunto il 18 settembre 2015 con l’Unicef per la difesa dei diritti dei bambini e che verte principalmente su due ambiti: la violenza contro i minori e gli effetti dei cambiamenti climatici sulla vita dei più piccoli, soprattutto nei paesi più poveri del mondo.
Un altro fenomeno preoccupante particolarmente evidenziato nel Rapporto, attraverso i dati delle Nazioni Unite, verte su «Bambini e conflitti» e include il reclutamento di minori tra le forze armate di sette Paesi e 49 gruppi armati.
La mappa dei bambini e delle bambine soldato tocca paesi come Iraq e Siria (dove la proliferazione di gruppi armati, tra cui l’Isis, ha reso i bambini ancora più vulnerabili), Afghanistan, Repubblica Democratica del Congo, Nigeria, Somalia, Yemen, Sud Sudan, Colombia e Myanmar. In alcuni casi i bambini e le bambine sono rapiti o arruolati con la forza da eserciti regolari e gruppi ribelli. In altri casi imbracciano un fucile perché spinti dalla povertà, dall’esclusione sociale o dal desiderio di vendetta per le violenze subite dalla loro famiglia. «In tutti i casi, il reclutamento di bambini e bambine per scopi militari e il loro uso da parte di forze armate o gruppi militari rappresenta una violazione dei loro diritti», sottolinea l’Unicef.
«I numeri sono impressionanti e non lasciano spazio a dubbi: la prevenzione della violenza sui minori deve essere una priorità delle istituzioni pubbliche e richiede l’impegno di tutti, perché adolescenti e bambini crescano con una visione sana delle relazioni di coppia e del rispetto dell’altro», ha ricordato, in occasione delle conferenza stampa, Raffaele K. Salinari, presidente di Terre des Hommes.