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Dopo le stragi in mare della settimana scorsa, con i 300 morti al largo delle coste egiziane, i 600 migranti dispersi e i nuovi arrivi sulle coste italiane, si torna a parlare di migrazioni, in particolare dei minori. Venerdì scorso Save the Children ha annunciato di aver soccorso con la propria imbarcazione, la Vos Hestia, più di 200 rifugiati e migranti, aiutati in tre diverse operazioni di ricerca e salvataggio. Tra le persone soccorse c’erano più di 40 bambini, tra cui uno di età inferiore ai cinque anni, e come spesso succede sono molti i minori che hanno affrontato il viaggio da soli, in questo caso più di 30. «La presenza dei minori – racconta Giovanna Di Benedetto, di Save The Children – è una caratteristica che troviamo in quasi tutti gli sbarchi».

Quali sono gli ultimi esempi?

«Nel fine settimana a Messina c’è stato un altro arrivo e, per quanto ne sappiamo finora, quasi la metà delle persone sbarcate sono minori. Venerdì scorso anche la nave di Save The Children ha partecipato ai soccorsi, infatti dal 7 settembre anche noi siamo partiti con un’operazione di ricerca e salvataggio in mare con una nostra imbarcazione, la Vos Hestia, perché abbiamo ritenuto necessario dare il nostro contributo in questo senso. Quest’anno è stato caratterizzato da un numero molto elevato di morti nel Mediterraneo, 3.500 persone secondo le ultime stime dopo il naufragio lungo le coste dell’Egitto della settimana scorsa. Un buon numero di questi sono bambini, che sono i più vulnerabili nelle situazioni di pericolo».

Spesso i bambini viaggiano soli. Di quali numeri stiamo parlando?

«Secondo le nostre stime, dall’inizio dell’anno fino all’ultima rilevazione del 18 settembre sono sbarcati in Italia 20.000 minori e di questi 18.000 sono non accompagnati, adolescenti o poco più che bambini che arrivano soli e senza nessuna figura adulta di riferimento. Raramente capita anche che i bambini abbiano perso i genitori durante il viaggio. Di fronte a questi numeri abbiamo lanciato un appello all’Unione europea e agli stati membri perché agiscano con urgenza ponendo al centro della politica sui migranti i diritti dei bambini durante tutto il percorso migratorio. Qualunque sia la ragione che li costringe ad abbandonare le loro case, tutti i bambini migranti hanno il diritto di sentirsi al sicuro e di continuare a ricevere istruzione per il loro futuro. I bambini non sono rifugiati o migranti: i bambini sono bambini ovunque. Ma l’Unione europea e gli Stati membri continuano a rendersi autori di violazioni di diritti attraverso leggi e decisioni che sembrano anteporre il controllo delle frontiere all’interesse dei bambini».

Quali soluzioni, dunque?

«Come prima cosa bisogna potenziare le operazioni di ricerca in mare, perché le persone continuano a morire. In secondo luogo è necessario garantire vie legali attraverso le quali i migranti possano raggiungere l’Europa evitando di affidarsi a trafficanti spregiudicati. I bambini devono essere la priorità. In terzo luogo va potenziato il sistema di accoglienza e vanno evitate situazioni di detenzione nei centri, come per esempio in Grecia, mentre servono strutture adeguate, oltre alla trasparenza che consiste nel garantire l’accesso negli hotspot a tutte le Ong e agli attori impegnati nella difesa dei diritti. È importante anche migliorare la procedura di identificazione per fornire ai migranti un supporto legale. Poi certo, sarebbe fondamentale agire sulle cause della crisi migratoria: gli aiuti allo sviluppo devono andare a beneficio delle popolazioni, e non utilizzati come uno strumento di negoziazione per il controllo dei flussi migratori».

Come viene affrontato il tema dei minori stranieri nel dibattito pubblico?

«È affrontato ma non fino in fondo. Sono tre anni che abbiamo presentato una proposta di legge in Parlamento per la creazione di un sistema nazionale per l’accoglienza e la protezione dei minori stranieri non accompagnati, che manca, con standard e procedure che valgano in tutto il Paese. I problema è che questa proposta è ferma alla commissione Affari Costituzionali della Camera.

Da poco avete lanciato un video dal titolo Migranti nello spazio. Che cosa significa?

«Si tratta di un video provocatorio per sensibilizzare quante più persone possibili sul dramma dei minori migranti che fuggono dalla miseria e dalla guerra, che rischiano la vita affidandosi ai trafficanti per raggiungere i Paesi europei, dove spesso trovano frontiere interne chiuse e l’impossibilità di ricongiungersi ai propri familiari, in una costante violazione dei diritti. Un giovane migrante vorrebbe trovare una vita migliore sulla terra, ma l’unica opportunità è nello spazio. Questo, ovviamente è assurdo».

Immagine: via pixabay.com

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