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Un tempo per il Dio creatore

(Rubrica «Il cammino verso l’unità», a cura del pastore Luca Maria Negro, andata in onda domenica 11 settembre durante il «Culto evangelico», la trasmissione di Radiouno a cura della Fcei)

Lo scorso 1° settembre i cattolici di tutto il mondo hanno celebrato la «Giornata mondiale di preghiera per la cura del creato», istituita da papa Francesco nel 2015: una giornata che si situa in un cammino ecumenico che ha le sue radici in un appello lanciato nel 1989 dal Patriarca ecumenico di Costantinopoli e nelle decisioni di vari organismi internazionali. «Rispondendo alla crescente attenzione per l’integrità del creato – ha infatti ricordato papa Bergoglio – la Terza Assemblea ecumenica europea (Sibiu, 2007) proponeva di celebrare un «Tempo per il Creato» della durata di cinque settimane tra il 1° settembre (memoria ortodossa della divina creazione) e il 4 ottobre (memoria di Francesco di Assisi nella Chiesa cattolica e in alcune altre tradizioni occidentali). Da quel momento tale iniziativa, con l’appoggio del Consiglio ecumenico delle  chiese, ha ispirato molte attività ecumeniche in diverse parti del mondo» (dal messaggio di papa Francesco per la Giornata 2016).

Dunque l’idea è quella di dedicare al creato non solo una Giornata, ma un vero e proprio «tempo liturgico» di cinque settimane, che le chiese evangeliche italiane, su invito della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, osservano sin dal 1999. Ma perché un «tempo del Creato»? È importante sottolineare il significato teologico di questa proposta. Semplificando un po’, si potrebbe dire che le grandi festività cristiane (Natale, Pasqua, Pentecoste) sono incentrate soprattutto sulla seconda e la terza persona della Trinità, ovvero il Figlio e lo Spirito. Manca un tempo liturgico che celebri l’opera creatrice del Padre e, di conseguenza, le responsabilità che i cristiani hanno verso il creato di Dio. Il teologo riformato svizzero Lukas Vischer, instancabile promotore del Tempo del Creato, sottolineava che si tratta di «un imperativo della fede cristiana: l’attuale cattivo uso dei doni del creato equivale a una negazione di Dio stesso. E quando isoliamo la responsabilità ecologica dall’insieme della fede, è la fede stessa che viene sminuita» (in Rete di Liturgia n. 10, Fcei, Roma 2000).

Ecco perché, fino alla prima domenica di ottobre, nelle nostre chiese continueremo a pregare per, e a riflettere sulla salvaguardia del creato.  Per riprendere le parole del messaggio finale dell’Assemblea ecumenica di Sibiu, «preoccupati per la creazione di Dio, preghiamo per una maggiore sensibilità e rispetto per la sua meravigliosa diversità. Lavoriamo per contrastare il suo vergognoso sfruttamento, a causa del quale tutta la creazione geme aspettando la redenzione (cf. Rm 8, 22-23) e ci impegniamo per la riconciliazione fra l’umanità e la natura».

Foto ©iStockPhoto