La grande muraglia svizzera
01 settembre 2016
A Como, come a Ventimiglia, i migranti bloccati alla frontiera attendono uno spiraglio di speranza in Italia, che a volte li gestisce a discapito dei loro diritti
Tra Italia e Svizzera, sul confine Como-Chiasso il numero dei migranti bloccati alla frontiera sta crescendo sempre più. Dal 15 luglio il numero di migranti bloccati a Como ha iniziato ad aumentare a fasi alterne. A partire dai primi di agosto si è verificato un aumento costante «regolato con l'invio di bus da parte della Prefettura verso il sud Italia» dice Lisa Bosia Mirra, presidente dell'associazione Firdaus, che si occupa del sostegno dei migranti a Como. Le persone in attesa sono provenienti principalmente dal Corno d'Africa, dall'Etiopia o dall'Eritrea, dal Sudan o dalla Somalia e di persone provenienti dall'africa dell'Ovest. Verso metà settembre dovrebbe aprire un centro di accoglienza in una zona individuata dal comune di Como e dalla Prefettura che ospiterà le persone in moduli abitativi.
Quale situazione di queste persone?
«Loro sono ancora alloggiati nel parco antistante la stazione San Giovanni, le persone hanno delle problematicità specifiche, tutte hanno attraversato il deserto del sahara con viaggi abbastanza lunghi, sono state a lungo imprigionate in Libia. Hanno attraversato il mare, a volte vedendo morire parenti. Molti di loro hanno sintomi di stress post traumatico e segni di tortura.
Stiamo vivendo un picco di presenze di un fenomeno conosciuto oppure è una novità?
«A Como è una novità abbastanza inedita, perché con la chiusura di Ventimiglia e del valico del Brennero quasi completa, le persone cercano di arrivare sul confine Como-Chiasso pensando di poter raggiungere la Svizzera da qui, l'ultima loro chance di arrivare in nord Europa. Il numero di persone è aumentato, poiché sappiamo che durante l'estate gli sbarchi crescono».
Le difficoltà sono incrociate: da una parte la politica svizzera che respinge e dall'altra un prendere tempo dell'Italia, come nel caso degli spostamenti a sud dei migranti.
«Questa è una delle illiceità che sono state verificate dall'Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione perché non c'è nessuna ragione di spostare queste persone, che sono già state identificate, nell'hotspot di Taranto che serve appunto per l'identificazione delle persone. Quello che si verifica è che in gran parte tornano verso nord. Alcuni hanno fatto questo circolo già tre volte.
Cosa fa la vostra associazione?
«Diamo una vicinanza umana prima di tutto, abbiamo distribuito il cibo fino a quando la Caritas non è stata pronta a subentrare. Ci siamo concentrati poi sugli aspetti legali: da subito ci è parso che ci fossero dei rinvii che non fossero conformi. Su questi abbiamo fatto un lavoro di monitoraggio, cercando i parenti i parenti in Svizzera dei migranti transitanti e tentando di metterli in contatto. In questo modo è stato permesso ad almeno 26 di loro di entrare in maniera legale nel paese, cosa che risulta difficile per molti dei migranti che sono presenti a Como».
Come si pongono le autorità svizzere?
«Il rilevamento delle impronte non è ancora una domanda di asilo, solo un'identificazione. Abbiamo visto che ci sono delle violazioni a partire dal momento dello sbarco, sia per i minori sia per gli adulti. Da subito manca una corretta informazione sulla possibilità del ricollocamento che riguarda per esempio tutti gli eritrei, ma anche sulla procedura per richiedere l'asilo. Le persone che arrivano qui in gran parte non hanno ancora chiesto asilo in Italia e hanno tutto il diritto di fare una richiesta d'asilo in Svizzera, che dovrebbe verificare poi qual è il paese competente per la richiesta. In seconda battuta la Svizzera ha poi il diritto ad accogliere le persone con protezione internazionale o applicando il regolamento di Dublino. Noi denunciamo una difficoltà di accesso alla procedura di asilo».
La responsabilità, però, non è solo svizzera.
«Evidentemente, se la Svizzera fa dei respingimenti collettivi li fa in collaborazione con l'Italia. Quello che ci aspettiamo è che presa coscienza che questo accordo di riammissione semplificata - che non posa su basi giuridiche forti, per esempio per quello che riguarda i minori non è assolutamente la procedura corretta – ci sia da subito un cambiamento della prassi e che quindi tutte le persone che sono state respinte abbiano la possibilità di esprimersi nuovamente sul loro desiderio di richiedere asilo alla Svizzera. Ci aspettiamo anche che i minori vengano accolti dopo che l'ufficio Dublino, competente per loro, verifichi chi siano i responsabili della trattazione della loro domanda».