Il 28 agosto il vice cancelliere e ministro dell’Economia tedesco Sigmar Gabriel ha affermato che le trattative per il partenariato transatlantico sul commercio e gli investimenti, il Ttip, sono fallite e che «nulla si sta muovendo in avanti». L''accordo prevede una ridefinizione delle regole dei due continenti in modo da creare un grande mercato di libero scambio. Immediata la smentita da parte della Commissione europea e della cancelliera tedesca Angela Merkel, che oggi hanno sostenuto che non solo i negoziati sono a buon punto, ma che potrebbero portare a un’intesa tra Stati Uniti e Unione europea entro la fine dell’anno. Nel frattempo la Francia sembra volersi sottrarre alla discussione commerciale: Matthias Fekl, viceministro francese per il commercio estero ha detto che il suo Paese non darà più il proprio sostegno politico a questi negoziati. Ne abbiamo parlato con Herbert Anders, pastore battista e membro del Glam, gruppo globalizzazione e ambiente della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia.
A maggio Greenpeace aveva sottolineato il pericolo del trattato per la salute e per l’ambiente. Questa è l’unica preoccupazione?
«A maggio c’era stata una manifestazione anche a Roma, molte persone confluirono intorno a una preoccupazione. Erano presenti molti gruppi, tra cui il Glam, che si è spesso preoccupato per questo trattato. Il problema principale è anche il più ovvio: parliamo di un’intesa del neoliberismo, che come sempre favorisce chi è già un grande attore nell’economia e tende a escludere gli attori più piccoli. O meglio, appoggia la tesi secondo cui i profitti dei piccoli vengono dall’attività economica del grande. Questo però fa del trattato un documento non democratico: vuole portare allo stesso piano gli Stati – organismi democraticamente eletti – e i rappresentanti di corporazioni – gruppi di azionisti riuniti intorno a un interesse – che non hanno niente di democratico, sebbene siano molto potenti».
Le dichiarazioni del vicecancelliere Gabriel e le smentite di oggi si inseriscono in questo quadro di assenza dell’opinione pubblica nel dibattito?
«Si, uno dei problemi più grandi è stata proprio la segretezza intorno al Ttip. Ci sono stati episodi documentati, in cui a un parlamentare europeo sono state sottratte delle note che aveva preso durante la visione dei documenti segreti sul trattato. Abbiamo saputo qualcosa grazie ai TtipLeaks, che hanno fatto preoccupare molto la sinistra europea, ma non solo. I vescovi della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti, insieme alla rappresentanza di quella europea al parlamento Ue, hanno scritto a giugno un documento di tre pagine nel quale si dicono molto preoccupati di quello che sta accadendo».
Quindi questo dibattito tocca anche lo sguardo cristiano sul mondo?
«Sicuramente. Anche per la non democraticità, anche se la Bibbia di per sé non è un libro per favorire la democrazia. Ma all’inizio, attraverso i comandamenti si volevano dare diritti a chi non ne aveva. La celebre frase che dice che “tra il forte e il debole, la libertà opprime ed è la legge che libera” è esemplare. La tendenza è invece di favorire un’economia che prescinde dalle leggi, o da eccessivi regolamenti, ma così noi non abbiamo più nessuna garanzia per tutti gli elementi deboli della società».
Cosa c’è da salvare nel Ttip?
«Credo che un accordo bilaterale o multilaterale sia sempre un vantaggio, quando ci si parla e ci si mette d’accordo su qualcosa è di per sé positivo. Avremmo però bisogno di una maggiore rappresentanza del popolo lì dentro. Le corporazioni e le multinazionali non sono una rappresentanza, sono degli attori singoli che hanno potere e mezzi a loro disposizione. Se potessero partecipare rappresentanti della società civile, allora potrebbe essere un elemento positivo nella trattativa. Il commercio è ovviamente una cosa importante, non lo sottovalutiamo né demonizziamo. Solo la Germania nel 2015 ha fatto affari con gli Usa per 200 miliardi di dollari. Detto questo occorrono delle regole perché il profitto non arrivi soltanto a pochi azionisti, ma che sia utile per tutta la popolazione».