Scuola: quando l'Irc rischia di «allargarsi»
19 agosto 2016
I limiti di una concezione anomala dell'istruzione religiosa
È possibile che una classe, con il suo insegnante di religione cattolica, organizzi la visita al museo africano per conoscere la vita dei missionari in Kenya e Tanzania, escludendo gli alunni che non si avvalgono dell’insegnamento cattolico durante l’anno? È incredibilmente successo in una 1a media di Peschiera Borromeo, dove l’insegnante in questione ha spiegato che la visita faceva parte integrante del programma di Irc. Inevitabile la protesta dei genitori coinvolti.
D’altro lato gli insegnanti Irc, con il sindacato Snadir, chiedono a gran voce che ci sia un concorso per le assunzioni: l’ultimo fu nel 2004, riservato però ai soli docenti che avessero almeno quattro anni di servizio. Una protesta anche contro «la progressiva emarginazione» dell’insegnamento di religione, che non verrebbe più incluso nel Piano di offerta formativa delle singole scuole.
Continua con alterne vicende la questione della presenza del crocifisso nelle aule. Essa è in netta ripresa dopo che negli anni scorsi molti crocifissi erano stati rimossi. C’è anche la laicità «per aggiunta» di altri simboli religiosi da affiancare al crocifisso: in alcuni casi gli alunni sono stati invitati a portare a scuola i simboli della loro religione e a illustrarne il significato.
Altra gita insolita per circa 80 alunni di una scuola elementare di Molinella nel Bolognese, in una moschea dove gli alunni si sono tolti le scarpe e hanno ascoltato l’iman. La comunità islamica ha sostenuto le spese di viaggio. L’insegnante di Irc spiega che questo progetto è iniziato tre anni fa, per promuovere l’intercultura e fare conoscere tutte le religioni (facciamo notare che questo allargamento dell’Irc, ancorché positivo sul piano della conoscenza, costituisce una aggiunta non prevista negli accordi fra Stato italiano e Conferenza episcopale, che prevedono il solo insegnamento cattolico. Se l’orizzonte si estende alle altre religioni, allora dovrebbe essere l’intero consiglio di classe o di istituto che lo programma e decide con quali insegnanti svolgerlo).
Per la Lega si tratta di integrazione al contrario: l’italiano che studia l’arabo e non l’arabo che impara l’italiano; anche il sindaco Pd ha chiesto di non perdere di vista i valori occidentali e in riposta al corso di arabo ha promosso un corso di dialetto bolognese. Più contrastata la questione dei riti a scuola: a Coriano, in provincia di Rimini, un referendum tra i genitori aveva ottenuto una larga maggioranza di favorevoli. Nello scorso febbraio una sentenza del Tar ha stabilito che «non può la scuola esser coinvolta nelle celebrazioni di riti religiosi che sono attinenti unicamente alla sfera individuale di ciascuno». Ma contro la sentenza è stato presentato un ricorso al Consiglio di Stato, sostenuto da una maggioranza di genitori di oltre il 90%, che si dichiarano favorevoli alle benedizioni nelle aule scolastiche. Sempre a Coriano, nel 2009, i riti religiosi erano stati vietati dopo la protesta di un gruppo di genitori, evidentemente su posizioni opposte.
Come si vede l’idea di uno studio dei fatti religiosi, plurale e laico, svolto da insegnanti assunti con modalità uguali a quelle dei loro colleghi e preparati nelle Università (posizione più volte ribadita anche nelle assemblee protestanti) resta per il momento un’illusione e la laicità un miraggio. Tar e Consiglio di Stato giocano a rimpiattino, i sacerdoti circolano nelle aule anche durante l’orario obbligatorio, i laici protestano, i crocifissi tornano a sovrastare le cattedre: una chiesa come quella che vorrebbe papa Francesco non potrebbe pagare gli stipendi degli insegnanti della sua religione (magari con lo Ior?).
Dato che la politica si guarda bene dal toccare l’argomento (che faranno i 5 stelle?), gli italiani si ricordino che finora gli insegnanti di religione cattolica sono assunti se hanno il placet del vescovo. Ma li paghiamo noi, compresi valdesi, ebrei, musulmani e atei… e tutti quelli che si illudono di non dare soldi alla Chiesa cattolica se non firmano nell’apposita casella dell’otto per mille.