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Le migrazioni qualificate in Italia

La ricerca dell’Istituto di studi politici San Pio V fotografa un'Italia di talenti in fuga. Ne abbiamo parlato con il curatore, Franco Pittau, già presidente di Idos

«Questa ricerca non è la prima in Italia ma presenta informazioni innovative – ha dichiarato a Riforma.it Franco Pittau, tra i curatori del rapporto e già presidente di Idos –. Analizza dati dal 2000 ad oggi importanti e inediti. Il dossier non si limita a fornire elementi statistici ma piste operative». Il volume di studio sulle migrazioni qualificate – curato dall’Istituto di studi politici «San Pio V» e pubblicato dalle Edizioni Idos presentato oggi a Roma (Auditorium di via Rieti 11-13, ore 16.30) – si colloca a ridosso del 2015, anno in cui, secondo l’Istat, sono rimpatriati 30.052 italiani, mentre 102.259 connazionali hanno spostato la propria residenza in paesi esteri.

Un andamento si legge nel rapporto «che ci riporta 40 anni indietro».

I dati indicano, prosegue Pittau, che: «è aumentato il numero di laureati italiani che emigrano all’estero (23 mila nel 2015); e ancora che su 4.811.000 cittadini italiani residenti all’estero, i laureati hanno superato le 400mila unità. Mentre sono molto pochi gli italiani laureati che decidono di rimpatriare, è aumentato il numero dei laureati stranieri residenti in Italia (circa 5000)».

Il volume, prosegue Pittau, evidenzia che «purtroppo i laureati residenti in Italia (12,9% tra gli italiani e 10,3 tra gli stranieri, sempre secondo l’Istat) e i diplomati (35,2% italiani e 39,7% tra gli stranieri) sono al di sotto della percentuale delle persone con istruzione superiore riscontrabile mediamente nell’Unione Europea, dunque è preoccupante il fatto che le persone con questi livelli di istruzione e formazione non riescano a trovare uno sbocco adeguato al mercato occupazionale»; sarebbe dunque necessario un maggior investimento in istruzione, ricerca e sviluppo per eguagliare la media europea al fine di «normalizzare gli spostamenti dei lavoratori qualificati e rendere il mercato occupazionale più attrattivo»

Un «ritorno al futuro»: nel 1974 gli espatri, che nel periodo del dopoguerra arrivarono a superare annualmente le 200mila e anche le 300mila unità (con il picco di 387mila nel 1961), scesero a poco più di 100mila. Questo livello «è stato superato solo due volte: nel 2004 e, per l’appunto, nel 2015, quando la metà degli espatriati risulta essere costituito da laureati e diplomati, evidenziando l’emergere di consistenti migrazioni qualificate in uscita in uno scenario finora caratterizzato dall’aumento dell’immigrazione estera».

I giovani non lasciano l’Italia solo per l’insoddisfacente andamento occupazionale - prosegue ancora Pittau – ma anche perché sono cresciuti in un mondo globalizzato e sono interessati a valorizzare le proprie capacità là dove vi sono maggiori opportunità.

Questa ricerca si pone un interrogativo: a lungo andare le partenze di giovani qualificati rappresenteranno un depauperamento del paese o potranno esserci anche aspetti compensativi, tra cui l’immigrazione dall’estero (280mila registrazioni in entrata nel 2015)?

«Il problema del Sistema-Italia – ha concluso Pittau – non consiste tanto nella mancanza di persone istruite, quanto nell’incapacità di utilizzarle in maniera adeguata, così da contenere la partenza dei talenti italiani e da inserire con maggiore apertura i talenti esteri».

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