Figlio dell’uomo
29 giugno 2016
Rubrica «Parliamone insieme», a cura del pastore Luca Baratto andata in onda domenica 26 giugno durante il «Culto evangelico», la trasmissione di Radiouno a cura della Fcei
Caro pastore – scrive un ascoltatore di Potenza –, tra i tanti titoli che vengono attribuiti nei Vangeli a Gesù c’è anche il termine “Figliol dell’Uomo”. Quando Gesù si riferisce a se stesso usa spesso questo nome. Vorrei sapere quale è la sua origine e da dove nasce».
È vero quello che fa notare l’ascoltatore: «Figlio dell’Uomo» è il titolo che Gesù ha usato di più per parlare di sé e della sua missione. Certo, magari a noi sembrerebbero più appropriati altri titoli. Potrebbe per esempio sembrarci più adatto il termine Messia – l’unto del Signore – che noi normalmente gli attribuiamo; oppure Figlio di Dio – egualmente usato nei vangeli – per enfatizzare la sua provenienza divina, mentre Figlio dell’Uomo sembra proprio andare nel senso inverso a sottolinearne l’appartenenza umana. E in effetti nell’Antico Testamento Figlio dell’Uomo spesso è semplicemente un modo, più poetico, per dire «essere umano».
Tuttavia, questo termine si trova nella Bibbia anche con un altro senso. Nel libro di Daniele, il narratore ha la visione di un personaggio «simile ad un figlio d’uomo» che appare sulle nuvole del cielo e a cui sono dati «gloria e sovranità», il cui dominio sarà eterno e il cui regno non passerà. È l’immagine di un personaggio inviato da Dio per giudicare il mondo.
Forse Gesù, parlando di sé, ha proprio voluto mettere insieme questi due elementi apparentemente contraddittori: ha voluto, da un lato, esemplificare la sua appartenenza umana, il suo essere esposto alla fragilità vissuta da ogni uomo e da ogni donna, e dall’altro ha voluto esprimere la sua appartenenza divina e la missione assegnatagli da Dio stesso. E questo per preparare la gente alla verità più profonda su se stesso, cioè al fatto che Gesù è l’inviato di Dio esposto alla sofferenza e alla morte per insegnare e portare al mondo intero salvezza, speranza e pace.
Dire queste stesse cose del Messia – un termine che Gesù non ha mai riferito a se stesso – non era possibile: immaginare che la sofferenza e la sconfitta potessero accompagnare l’unto del Signore, il liberatore inviato da Dio, era scandaloso, impensabile. Occorreva un altro titolo, un’altra definizione; ed è così che Figlio dell’Uomo è diventato il nome della verità su Gesù, quello che lui stesso usò per insegnare ai suoi la difficile verità su se stesso: «Allora Gesù cominciò ad insegnare loro che era necessario che il Figlio dell’Uomo soffrisse molte cose, fosse respinto dagli anziani, dai capi sacerdoti e dagli scribi e venisse ucciso». Questa è la verità su Gesù; Figlio dell’Uomo è il suo nome autentico.