Essere la presenza di Dio nel mondo
20 giugno 2016
Un giorno una parola – commento a I Corinzi 1, 28
Sì, eccelso è il Signore, eppure ha riguardo per gli umili, e da lontano conosce il superbo
Salmo 138, 6
Dio ha scelto le cose ignobili del mondo e le cose disprezzate, anzi le cose che non sono, per ridurre al niente le cose che sono
I Corinzi 1, 28
Questa affermazione dell’apostolo Paolo risulta molto difficile da comprendere per il lettore odierno; egli espone un dato della fede cristiana e pone un interrogativo. La verità di fede che propone ai credenti di Corinto non è un enunciato teorico, non nasce da una riflessione filosofica ma una constatazione di fatto.
L’apostolo sta riflettendo nella sua lettera sulla presenza di Dio nel mondo; da cristiano convinto quale è sa che si tratta di una presenza forte ed efficace.
Dio è potenza e sapienza in assoluto, non fosse tale non sarebbe dio, così insegnano tutti i filosofi e i maestri religiosi della storia, e la dimostrazione di questa verità è data da Gesù Cristo e dalla sua comunità, dai suoi discepoli.
Il fatto è che Gesù predicatore ebreo è un’esistenza fallimentare, è socialmente e religiosamente impresentabile, fare riferimento a lui significa porre come criterio di valutazione dell’esistenza una realtà “ignobile” e “disprezzata”.
E tale è anche la comunità dei suoi seguaci. La comunità di Corinto a cui l’apostolo scrive è un insignificante aggregato di uomini e donne appartenenti alle classi sociali ai margini della società. Che siano proprio loro a costituire la presenza di Dio infinitamente saggia e potente a Corinto, la grande Mela dell’epoca, non è per Paolo il soggetto di un film da Oscar ma un dato di fatto.
La croce del maestro fallito (ignobile) e la congrega dei suoi discepoli (disprezzabili) sono, come disse più tardi uno di loro, il perno attorno a cui ruota il mondo.
L’interrogativo è molto semplice: i discepoli odierni di quel condannato, gli eredi di quella comunità disprezzata sono consapevoli di essere la presenza di Dio nella storia? Forse sì, ma lo sono nella forma paradossale di cui parla l’apostolo?