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La Riforma e la modernità europea e americana

Una nuova edizione per «Rivoluzione protestante» di Giuseppe Gangale

La mia generazione di pastori e di intellettuali protestanti ha ricevuto dalla generazione dei Padri (Giovanni Miegge, Vittorio Subilia, Giorgio Spini, Valdo Vinay, Enea Balmas) una consegna molto impegnativa: non trascurare l’eredità intellettuale e spirituale di Giuseppe Gangale, un meridionale che nelle trincee della Prima Guerra mondiale aveva scoperto la fede evangelica, l’aveva approfondita studiando le opere di Giovanni Calvino e l’aveva confermata nel contatto con i «semplici credenti» delle chiese battiste.

Gli «anni terribili» dell’avanzata fascista non gli avevano impedito di svolgere una elevata attività intellettuale grazie alla lungimiranza di due personalità battiste (Lodovico e Paolo Paschetto) e di un grande leader americano: Whittinghill.

Il regime fascista soffocò la sua rivista (Conscientia) ma per alcuni anni non poté impedirgli di pubblicare dei libri (nella serie «Doxa»): il libro più polemico è quello che oggi presentiamo*. Comincia con una totale squalifica della civiltà della Controriforma e continua con una severa critica della società nata dal Risorgimento italiano e dal modo in cui questa società ha affrontato la crisi del primo Novecento: oggetto del massimo disprezzo è Giovanni Giolitti, ma la grande cultura del primo Novecento non viene risparmiata: Benedetto Croce è stimato ma con qualche riserva, Giovanni Gentile (ideologo del regime fascista) viene seccamente respinto. Sono invece lodati taluni intellettuali laici (Salvemini, Fiore, soprattutto Guido Dorso, il grande meridionalista). Con Antonio Gramsci c’è una specie di reciproco disinteresse. Il nuovo e grande riferimento è invece Piero Gobetti: e sarà proprio questo martire della libertà ad accogliere nelle sue pubblicazioni il libro che qui presentiamo, pochi mesi prima della morte.

Tra i vari punti di accordo di questi due profeti della libertà c’è proprio la convinzione che le sorti della nazione italiana sono state compromesse dalla mancanza di una Riforma protestante in Italia. Questa convinzione spinge Gangale a considerare la Riforma del secolo XVI come la madre della migliore modernità europea e nordamericana: a dire il vero, anche noi siamo di questo parere, con il conforto di storici come il tedesco Gerhard Ritter1, l’americano Perry Miller2 e l’italiano Giorgio Spini, nostro fratello in fede3.

Sulla base di questa convinzione Gangale però opera alcune forzature, come la convergenza tra la teologia di Calvino e la filosofia di Hegel: ma Hegel si è sempre dichiarato luterano, e lo era...

Gangale sapeva però che la rivoluzione inglese del 1640 era una rivoluzione calvinista: perciò ha chiesto a un amico valdese (Bruno Revel) di pubblicare nella serie di Doxa un libro interamente dedicato alla vita e alla fede di Oliver Cromwell, che di quella rivoluzione fu l’inflessibile leader. Cosa che non impedì a Gangale di scrivere a un altro amico un toccante libro sull’Irlanda contemporanea.

Nel secolo che ci separa dalla giovinezza di Gangale ci sono stati dei protestanti che hanno realizzato delle rivoluzioni, come il metodista Sun-Yat-Sen, che ha tarsformato la Cina in una repubblica e ne è diventato il primo presidente. Ancor più significativa è stata la rivoluzione sudafricana, il cui leader era il metodista Nelson Mandela: calvinisti erano invece i suoi avversari bianchi, onesti ma oltremodo rigidi. E noi tutti sappiamo qual è stata l’opera di Martin Luther King, pastore battista, martire della libertà e della giustizia.

Ma queste poche osservazioni non tolgono nulla alla persistente attualità delle opere di Gangale, che meritano ancor oggi di essere oggetto di studio e dibattito: a questo dibattito ci invitano la Scheda finale di Alessia Pedio e la corposa Posfazione di Paolo Ricca. Speriamo che il loro appello non cada nel vuoto.

1. La formazione dell’Europa moderna, Laterza, 1968.

2. The New England Mind, Harvard, 1953.

3. Storia dell’età moderna, Einaudi, 1965.

* Giuseppe Gangale, Rivoluzione protestante, a c. di Bartolo Gariglio, presidente del Comitato Edizioni gobettiane. Torino, Global Print, 2016.