Accogliere chi è stato respinto. Un nuovo progetto in Sicilia
19 maggio 2016
Gnone, Diaconia Valdese: «Non si può decidere a priori chi ha diritto all'asilo e chi no»
Dal 6 maggio ad oggi diverse persone migranti hanno protestato a Lampedusa contro l'identificazione forzata all'interno dell'Hotspot dell'isola. Nei centri come questo avviene un primo riconoscimento attraverso le impronte digitali e il fotosegnalamento, operazione che secondo le regole internazionali obbliga le persone a restare in Italia per la richiesta di asilo.
Ma un problema ancora più grave è che ad alcuni di essi venga a priori impedito di fare richiesta di protezione poiché, per esempio, il paese di origine non ha un conflitto o casi di persecuzione: a queste persone spesso viene attribuita l'etichetta di migranti economici, utilizzata come pretesto per velocizzare le pratiche, ma che di fatto aggira la possibilità di ogni singola persona di fare richiesta d'asilo in Italia. «Il diritto di asilo politico è un diritto soggettivo, quindi ognuno può fare richiesta di asilo e poi sarà una Commissione territoriale delle autorità italiana che valuterà caso per caso – sottolinea Massimo Gnone referente per l’area migranti della Diaconia valdese – ciò che accade altrimenti è una decisione a priori di chi può entrare nel sistema di asilo e chi no. Chiaramente questo non ha una base giuridica, l'ordinamento italiano non prevede né gli hostpot né tantomeno prevede che sia possibile decidere a priori chi può essere un richiedente asilo e chi non può esserlo».
Le persone escluse dal sistema di accoglienza, a cui viene consegnato un foglio per l'espulsione e l'obbligo di ripartire entro 7 giorni da Roma Fiumicino, non avendo strumenti o contatti, diventano soggette a soprusi e sfruttamento e spesso rimangono sul territorio. Proprio per questo motivo Diaconia Valdese, Oxfam Italia e Borderline Sicilia hanno ideato un progetto che dà sostegno e aiuto alle persone escluse dal sistema: «giovedì 19 saremo alla Camera dei Deputati a lanciare un nuovo progetto che si chiama Open Europe, inteso sia come “Europa aperta” oppure come imperativo “apriti Europa” – dice Gnone –. L'idea è stata proprio quella di andare a capire come intervenire in quelle situazioni in cui l'assenza (o una differente interpretazione) del diritto determina delle conseguenze gravi sul piano umanitario. Migliaia di persone a partire dall'anno scorso hanno ricevuto dei provvedimenti di respingimento differito, il che significa che non hanno potuto fare richiesta di asilo perché considerate migranti economici e a priori, dunque espulse e quindi lasciate sul territorio. La conseguenza più preoccupante è che molto spesso queste persone rimangono in Italia in una situazione di illegalità e sono poi facile preda delle organizzazioni criminali o vanno a ingrossare le fila di situazioni di illegalità, lavoro nero, caporalato. Chi non ha i documenti è facilmente sfruttabile dall'illegalità».
Il progetto prevede un'unità mobile che si muoverà tra le diverse province siciliane, intercettando le persone uscite dal sistema di accoglienza che vagano per le strade cercando di dar loro supporto legale e accompagnamento nel processo di asilo. «Faremo anche un lavoro umanitario – conclude Massimo Gnone – offriremo assistenza e ci sarà uno spazio di accoglienza in piccole strutture dedicate. Un progetto che cercherà anche di capire qual è realmente il fenomeno, elemento fondamentale poiché è complesso e in continua ridefinizione. Un intervento sul posto che si basi sul dialogo con le persone e sull'analisi del fenomeno non in contrapposizione con le istituzioni ma di supporto a livello locale. Non è con l'illegalità che il fenomeno migratorio può essere governato, ma con l'analisi e con la ricerca di una situazione definita per le persone che arrivano».