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Tematiche religiose e frammenti di vita

Marilynne Robinson e Mariapia Veladiano al Salone torinese del libro

È curioso che negli ultimi due anni il Premio Mondello per l’autore straniero – la cui premiazione avviene durante il Salone internazionale del libro di Torino – sia andato a romanzi che affrontano non solo tematiche religiose ma frammenti di vita vissuta in relazione alla fede e alla Parola che si intreccia nel linguaggio e nella trama del racconto, a ispirare i personaggi e le loro vicende. L’anno scorso lo ha ricevuto Emmanuel Carrère, autore de Il Regno (Adelphi, 2015); quest’anno Marilynne Robinson è stata intervistata da Michela Murgia, giurata del Premio Mondello.

La cosa che più colpisce negli ultimi romanzi di Marilynne Robinson tradotti in Italia da Einaudi (Gilead, 2008, che ha vinto il Premio Pulitzer per la letteratura nel 2005; Casa, 2011; Lila, 2015) è lo sguardo decentrato, quasi caleidoscopico, che consente alla scrittrice e teologa protestante di ricostruire storie individuali e familiari ambientate nella cittadina di Gilead, nel cuore dello stato americano dello Iowa, ma immerse in vicende storiche più ampie, dove la memoria gioca un ruolo cruciale. Domande fondamentali sul mistero dell’esistenza e dei sentimenti che legano le persone, sull’amicizia, sui distacchi e sulle perdite, sulla morte e sulla risurrezione sono continuamente esplorate attraverso le storie di vita: sono i diversi punti di vista dei personaggi che consentono di rileggere le vicende secondo prospettive singolari e individuate, in una narrazione che accoglie il lettore e lo fa sentire riconoscente per tanta generosità. Libro dopo libro.

È stata annunciata la ripubblicazione di Housekeeping (1980), il primo romanzo della scrittrice americana, ma auspicabile sarebbe anche rendere disponibile al pubblico italiano anche la raccolta di interventi The Givenness of Things. Essays, pubblicato in America nel 2015, che contiene una critica alla società contemporanea così appiattita sugli aspetti materiali e poco rispettosa della singolarità delle persone, accettate per come sono, nonostante errori e manchevolezze. Insegnando all’Università dello Iowa, la scrittrice ha pubblicato anche altri saggi che testimoniano della sua attività di scrittrice in cui lingua e fede si incontrano nel dialogo fruttuoso della grazia.

In Italia non è frequente incontrare scrittrici che coniugano la loro scrittura con gli interrogativi della fede. Al Salone del libro era presente anche Mariapia Veladiano che ha presentato il suo ultimo libro Una storia quasi perfetta (Guanda, 2015) in cui viene riproposto – in una nuova e avvincente storia – il tema del male, della seduzione, del dolore e dell’amore che salva, anche attraverso i rapporti intergenerazionali e le famiglie allargate, come già era accaduto nei libri precedenti Una vita accanto (Einaudi 2011, Premio Calvino 2010) e Il tempo è un dio breve (Einaudi, 2012) che ho avuto modo di presentare a Pinerolo e a Torino. Anche Mariapia Veladiano offre con generosità una prospettiva di scrittura in cui la Parola risuona attraverso citazioni, ma talvolta anche nel semplice parlato quotidiano. E questo infonde speranza e luce, anche nel buio più profondo, per un’esperienza di lettura che rimane e accompagna nel tempo. Come avviene per gli incontri significativi.

Foto: Pietro Romeo

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