Che cos’è il «nuovo»?
12 aprile 2016
Un giorno una parola – commento a Matteo 16, 3
Ecco egli forma i monti, crea il vento, e fa conoscere all’uomo il suo pensiero
Amos 4, 13
L’aspetto del cielo lo sapete discernere, e i segni dei tempi non riuscite a discernerli?
Matteo 16, 3
Se le previsioni del tempo sono diventate abbastanza precise, anche le anticipazioni sul futuro che ci aspetta non sono sempre campate in aria. Quando gli esperti ci dicono che l’occidente in futuro non potrà più essere ricco come lo è stato finora, fanno una previsione attendibile. Lo stesso si può dire della messa in guardia sulle conseguenze dell’effetto serra.
Diverso è il discorso su quanto si presenta o ci è presentato come «nuovo». L’aggettivo ritorna continuamente, nel discorso politico come nelle comunicazioni commerciali. Ma più spesso un progetto o un prodotto non è nuovo; ha semplicemente cambiato aspetto. Una moda non è nuova; ne ha solo sostituita un’altra, in attesa di essere a sua volta sostituita.
Per essere nuova, una cosa deve cambiare la condizione umana, deve essere estendibile a tutti, dev’essere positiva e benefica, deve scardinare le posizioni di potere consolidate. In questo senso, di veramente nuovo c’è soltanto l’evangelo di Gesù Cristo.
Non c’è dubbio che certe innovazioni tecniche cambino la vita. La vita era diversa quando non c’era internet. Ma l’abuso che molti ne fanno dimostra che le innovazioni non cambiano l’orientamento (o disorientamento) fondamentale dell’essere umano. Ma vi sono fatti che possono essere segni di cambiamento. I rapporti di comprensione e solidarietà che emergono in situazioni altrimenti disperate sono segnali deboli, ma la novità che contengono è reale.