La famiglia nel mondo globale e la Chiesa cattolica
11 aprile 2016
L’Esortazione apostolica «Amoris Laetitia»
L’esortazione papale Amoris Laetitia, attesa sintesi del lavoro dei sinodi dei vescovi sul tema della famiglia, è stata resa pubblica venerdì 8 aprile e ha subito suscitato un ampio dibattito. Due sono gli aspetti che hanno conquistato la prima pagina dei giornali: il sesso, che è ora definito come una bella realtà, costitutiva della coppia e non come qualcosa da fuggire o da utilizzare unicamente in vista della procreazione; e il fatto che, a discrezione dei pastori locali, anche persone divorziate e risposate potranno ricevere l’eucaristia. Tutto qui? No.
Credo che sia riduttivo concentrare l’attenzione su un paio di punti, per quanto importanti essi possano rivelarsi per molti credenti che hanno sofferto fino a oggi per una sorta di «esilio spirituale» e per l’esclusione dai sacramenti. Il testo dell’esortazione, infatti, è molto ampio e consta di 263 pagine ed è suddiviso in 9 capitoli e 325 paragrafi. Insisto su questi dati numerici perché danno il senso del fatto che la tematica della famiglia e del matrimonio viene affrontata a 360 gradi, cercando di sondare ricchezze e problemi insiti nella materia. Esordisce papa Francesco: «Nello sviluppo del testo, comincerò con un’apertura ispirata alle Sacre Scritture, che conferisca un tono adeguato. A partire da lì considererò la situazione attuale delle famiglie, in ordine a tenere i piedi per terra. Poi ricorderò alcuni elementi essenziali dell’insegnamento della Chiesa circa il matrimonio e la famiglia, per fare spazio così ai due capitoli centrali, dedicati all’amore. In seguito metterò in rilievo alcune vie pastorali che ci orientino a costruire famiglie solide e feconde secondo il piano di Dio, e dedicherò un capitolo all’educazione dei figli. Quindi mi soffermerò su un invito alla misericordia e al discernimento pastorale davanti a situazioni che non rispondono pienamente a quello che il Signore ci propone, e infine traccerò brevi linee di spiritualità familiare» (par. 6). E aggiunge: «Perciò non consiglio una lettura generale affrettata» (7).
Si tratta di un saggio consiglio, in quanto di fronte ad un documento vaticano (come sempre di fronte ai documenti di un certo spessore e di vasta udienza) è meglio essere prudenti nei giudizi anche perché i silenzi valgono quanto le parole e alcuni incisi, apparentemente secondari o banali, aprono o chiudono delle porte e i loro effetti si vedono dopo anni.
Non potendo qui fare un commento puntuale, mi limiterò quindi ad alcune osservazioni di carattere generale. Per prima cosa dobbiamo notare che l’impianto biblico e teologico del discorso è abbastanza tradizionale. Anche se alla parola biblica viene dedicato un certo spazio, non mi pare che nell’esposizione si tenga conto della complessità dell’atteggiamento delle Scritture rispetto alla famiglia. È stato fatto notare, ad esempio, che nell’Antico Testamento è presente una pluralità di forme familiari, ivi compresa la poligamia, che non sono affatto criticate. Da questa lettura della Bibbia emerge che, di fatto, la famiglia «voluta da Dio» è una sola: «Il matrimonio cristiano, riflesso dell’unione tra Cristo e la sua Chiesa, si realizza pienamente nell’unione tra un uomo e una donna, che si donano reciprocamente in un amore esclusivo e nella libera fedeltà, si appartengono fino alla morte e si aprono alla trasmissione della vita, consacrati dal sacramento che conferisce loro la grazia per costituirsi come Chiesa domestica e fermento di vita nuova per la società. Altre forme di unione contraddicono radicalmente questo ideale, mentre alcune lo realizzano almeno in modo parziale e analogo» (292).
Già queste parole denotano il fatto che la visione della famiglia e dei ruoli all’interno di essa cambiano nel tempo anche all’interno della Chiesa cattolica. Infatti, l’immagine sopra descritta del rapporto uomo donna è assai recente e non bisogna dimenticare che solo quarant’anni fa, all’approvazione del nuovo diritto di famiglia, la stessa Chiesa affermava che la nuova legge avrebbe distrutto la famiglia. Ma va anche osservato che, a fronte di una affermazione positiva di ciò che la famiglia è, subito viene affermato ciò che la famiglia non è. E in questo novero possiamo porre sia le nuove nozze dei divorziati sia le coppie di fatto sia le unioni di persone dello stesso sesso, per le quali si ribadisce pieno rispetto, ma di cui non si riconosce la naturalità della vita affettiva.
Di nuovo: tutto qui? No, e questo documento va analizzato anche per alcuni accenti di indubbia novità, che spero si faranno sentire più fortemente nel tempo. Innanzitutto è importante il metodo con cui si è giunti a questa elaborazione. Esso nasce infatti, come detto, dal lavoro di due Sinodi dei vescovi e da un questionario rivolto a tutte le diocesi del mondo che ha ricevuto circa 70.000 risposte. In secondo luogo, l’attenzione pastorale prende il sopravvento sull’affermazione dogmatica. Questo fatto dà a tutto il documento un linguaggio tutto particolare, più ampio e aperto, tenuto anche conto del fatto che si riconosce che siamo in un mondo globale e che non è possibile in questo campo fare delle affermazioni valide sotto ogni cielo e per ogni cultura. Ma c’è un aspetto importante, meritevole di attenzione. Il papa nella sua esortazione afferma: «Siamo chiamati a formare le coscienze, non a pretendere di sostituirle» (37).
Io spero che anche la Conferenza episcopale italiana ponga attenzione a questo inciso. Molto altro si potrebbe dire, mi limito però a esprimere una sensazione di carattere generale: è mio parere che la teologia cattolica romana si sia chiusa, per quanto attiene a questa tematica, dentro la gabbia del concetto di sacramento, non inteso in modo spirituale o pastorale, ma giuridico (vedi l’esistenza della Sacra Rota, ad esempio). Finché non ne esce, potrà cantare le note più melodiose, ma sempre chiusa rimane.