La luna, ieri sera, sorrideva a Beirut. Oggi quel sorriso è arrivato a Roma
29 febbraio 2016
L'attesa e la sofferenza nei giorni prima della partenza dal Libano, raccontata dagli operatori
Un canale sicuro, legale e umano. Un canale per arrivare in Italia e fare domanda di protezione. Nient'altro. Di questo parliamo raccontando dei corridoi umanitari della Federazione Chiese Evangeliche in Italia e Sant'Egidio, in cui la parola umano sembra così scontata, ma è al centro di tutto. Umanità, quella di 93 persone arrivate questa mattina a Roma grazie al progetto ecumenico delle due organizzazioni che ha saputo districarsi tra leggi e regolamenti esistenti per realizzare concretamente il corridoio, rendendo ancora più evidente come basterebbe la volontà politica per renderli possibili anche a livello europeo. L'umanità dei volontari, degli operatori, delle organizzazioni e delle istituzioni che hanno fatto un piccolo gesto nelle loro possibilità, per facilitare questo percorso ora realizzato: si può fare.
«In Libano ci siamo trovati di fronte a una vera e propria crisi umanitaria – dice Luciano Griso, medico del progetto dei corridoi umanitari – in cui un milione di profughi vivono senza l'ombra di un'assistenza: in Siria c'era un sistema sanitario simile al nostro, ma in Libano no, e il sistema è basato sulla possibilità di potersi pagare un'assicurazione che garantisca le cure. Nessuna prevenzione, sono abbandonati a sé stessi: tumori non curati, non ci sono campagne vaccinali, i bambini non sono seguiti, ci sono casi di denutrizione, malattie della pelle e malattie dell'apparato respiratorio».
Le persone vulnerabili alle quali è destinato il progetto, sono quelle che senza aiuto probabilmente non ce l'avrebbero fatta. Come Giorgina, 30 anni, insegnante, appartenente alla classe media siriana che ha perso tutto dopo il bombardamento della fabbrica di famiglia: si occupa di suo figlio, che ha un trauma dovuto alle bombe. Il secondo bambino invece ha ustioni gravi su una mano, difficili da curare nel campo profughi. Giorgina lavora gratuitamente in una scuola, per permettere al figlio di frequentarla, cosa che altrimenti non sarebbe possibile. Un'altra storia che si deve raccontare è quella di Diya, bambino che dal 2011 ha una gamba sola, a causa di un proiettile di mortaio. Colpisce e incoraggia allo stesso tempo guardarlo rincorrere il pallone con le sue stampelle di legno. Lui sarà preso in cura dalla Fondazione Zanardi, e l'emozione è tanta per una vita che rinasce.
La possibilità di una nuova vita per queste persone era già evidente al campo profughi di Tel Abbas, o a Beirut, nelle ore prima della partenza. Come ogni rinascita, infatti, non è stata priva di dolore. Molte persone hanno lasciato familiari, amici o legami che in questi mesi hanno garantito un minimo di rete sociale all'interno dei campi. E poi la sfida di una prospettiva, un nuovo luogo in cui vivere, nuovi progetti, che portano con loro le mille paure dell'imponderabile. «Nei giorni scorsi era molta l'emozione quando sono arrivati i visti o quando c'è stata la conferma del volo gratuito di Alitalia, in modo da far viaggiare tutti insieme – dice Francesco Piobbichi operatore di Mediterranean Hope – e le lacrime agli occhi vanno anche a chi non ce l'ha fatta, a chi non ha saputo attendere, come ci hanno raccontato. I volontari di Papa Giovanni XXIII hanno fatto un grande lavoro per questo motivo, tranquillizzando le persone che sarebbero partite con il corridoio e dissuadendoli dall'idea di “prendere il mare”».
Il prossimo gruppo è in fase di definizione «la seconda lista sarà completa nel giro di pochi giorni – dice Simone Scotta, operatore della Fcei – questa volta dovrebbero essere più di cento persone. Un gruppo più eterogeneo del primo e le persone arriveranno da diverse parti della Siria».
Nel giorno in cui arrivano le tragiche notizie dal confine macedone e da Calais, se si guarda all'esempio concreto dei corridoi umanitari, sembra di assistere ad un effetto domino. Organizzazioni, istituzioni, associazioni che creano un circolo virtuoso dell'accoglienza e dell'ospitalità. Una buona pratica che dimostra come fare qualcosa per il prossimo sia più facile del previsto e aiuti davvero a costruire una società migliore. Riusciremo a creare un effetto domino anche per lo stesso modello dei corridoi umanitari?
La luna, ieri sera, sorrideva a Beirut. Oggi quel sorriso è arrivato a Roma.
Leggi, guarda e ascolta la cronaca multimediale di Radio Beckwith dal Libano a Roma.