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Marino: «Unioni civili, una barbarie non approvare il ddl così come è»

A tre giorni dalla discussione al Senato del ddl sulle Unioni civili abbiamo chiesto all’ex sindaco di Roma, Ignazio Marino, una riflessione sulle discussioni di questi giorni.

Ignazio Marino, con una petizione sulla piattaforma online Change.org lei ha lanciato una campagna di sensibilizzazione per far approvare il ddl Cirinnà.

«Ho voluto lanciare questa petizione per poter raggiungere tutte le italiane e gli italiani e per poter fare così una opportuna pressione al nostro Parlamento affinché l’Italia possa dotarsi di una legge che rispetti uno dei diritti fondamentali, il diritto di potersi amare. Il fatto che la petizione a pochi giorni dal suo lancio abbia raggiunto quasi 50.000 firme, petizione ancora sottoscrivibile, indica quanto il tema sia molto sentito. È importante ricordare che la legge sulle unioni civili è stata pensata anche per garantire i diritti di chi, eterosessuale, non è sposato ma innamorato e che per la nostra attuale legislazione non ha tutele giuridiche. Due persone non sposate, anche se si amano, sono tuttora considerate due estranee per il nostro ordinamento. Tecnicamente non sarebbe possibile, ad esempio, entrare nella sala di rianimazione per accarezzare la mano della persona amata, compagno o compagna di una vita. Questa cosa è inaccettabile, la considero una barbarie che dev’essere quanto prima risolta con una legge dello Stato».

Ieri, in molte città e piazze italiane, si sono tenute mobilitazioni civili a sostegno dell’attuale testo Cirinnà, a dimostrazione che il tema non solo è sentito ma anche conosciuto, malgrado le strumentalizzazioni e la poca informazione.

«In Italia c’è una larghissima maggioranza di persone che ritengono, così dissi quando ero sindaco di Roma un anno fa quando il consiglio comunale della Capitale approvò il Registro delle Unioni civili, che l’Amore conta. Che il diritto di amare e di amarsi non può essere precluso a nessun essere umano. È davvero triste, invece, dover constatare che un Paese come l’Italia sia rimasto il “fanalino di coda” del Continente europeo non avendo mai approvato una legge che riconosca gli stessi diritti a tutti, e ribadisco proprio a tutti.

Oggi sui giornali è stato commentato, con vari punti di vista, l’endorsement della presidente della Camera dei Deputati, Laura Boldrini, la quale ha esternato pubblicamente il suo appoggio all’attuale ddl, auspicandone l’approvazione in tempi rapidi con particolare riferimento allo stepchild adoption. Qual è la sua opinione?

«La presidente Boldrini ha esercitato, dal mio punto di vista, quello che dev’essere proprio il suo ruolo, ricordando che il nostro Paese è in attesadi una legge di cui la maggiranza dei Paesi dell’Unione Europea si è già dotata. Immagino che il presidente di uno dei due rami del Parlamento giustamente debba riconoscere tra i suoi doveri quello di poter sollecitare il Parlamento ad approvare le leggi. Il parlamento non è un centro culturale dove gli italiani hanno deciso di pagare ventimila euro al mese a delle persone che si riuniscono legislatura dopo legislatura per non concludere nulla. Non vorrei succedesse quanto già accaduto in passato su altri temi altrettanto sensibili. Ricordo i litigi e le urla strazianti che vennero fatte alla Camera e al Senato quella notte, quando si spense Eluana Englaro, nel febbraio del 2009, quando il Parlamento disse che entro trenta giorni sarebbe stata approvata una legge sul fine vita e sulla libertà di scelta delle terapie. Sono passati oltre 2500 giorni e il Parlamento ancora parla, parla, parla».

In questo momento lei si trova a Milano per lavoro. Dunque avrà visto la scritta apparsa sul Pirellone: Family day. Qual è il livello attuale della discussione: di mero scontro politico o legato ad un retaggio cultural religioso del nostro paese; a cosa stiamo assistendo?

«Io mi atterei ad un bellissimo dialogo che ho avuto l’onore e il modo di poter scrivere e condividere con il cardinale Carlo Maria Martini qualche anno fa, nel 2012, che poi è stato pubblicato da Einaudi con il titolo di “Credere e conoscere”. Il cardinale nel nostro dialogo aveva sottolineato con forza in merito alla possibilità di una legge sulle unioni civili che “il matrimonio, così come tradizionalmente lo intendiamo, ossia eterosessuale, con l’unione di un uomo e una donna funzionale alla continuazione della specie umana ha una forza così naturale, così grande che non si deve temere che possa essere messo a rischio per il semplice fatto che lo Stato possa riconoscere diritti a omosessuali che volendo avere una relazione stabile vogliano essere anche tutelati da norme che riconoscano questa relazione”. Io penso che un grande intellettuale, ma anche un grandissimo uomo di chiesa come il cardinale Martini, abbia espresso in maniera solenne quel principio che riconosce valori che appartengono alla chiesa, ma anche al diritto di quelle persone che possiedono visioni diverse».

Tra i temi che dividono e potrebbero precludere l’approvazione del ddl: lo stepchild adoption (adozione del figliastro) e l’equiparazione al matrimonio.

«Non vedo nessun elemento di preclusione perché il testo è stato discusso, analizzato sin nel dettaglio, sia dalla Commissione Affari costituzionali, sia dalla Commissione giustizia. È un dato di fatto che famiglie omogenitoriali con bambini siano presenti e da tempo nel nostro Paese. Credo che le nostre preoccupazioni dovrebbero essere indirizzate nella difesa dei diritti delle persone più deboli e vulnerabili, dunque proprio i bambini».

Secondo lei l’informazione generalista ha saputo garantire una puntuale e corretta informazione sul tema delle unioni civili?

«Ritengo che sarebbe sempre opportuna una informazione più attenta e più didattica, dunque più puntuale nello spiegare temi importanti e sensibili come quello delle unioni civili. Lo si dovrebbe fare riportando esempi pratici, raccontando storie famigliari, ad esempio su cosa può significare il riconoscimento della genitorialità rispetto ad un bambino non ipotetico ma che esiste in carne ed ossa e che in assenza di una legge non può neanche essere accompagnato dall’altro genitore dal pediatra. È dunque importante che i nostri parlamentari si accorgano che il paese nel quale operano su molti temi, compreso quello delle unioni civili, è spesso più avanti della politica. È il momento che la politica approvi al più presto questo ddl e che ognuno di noi metta la propria faccia per far comprendere che è desiderio di molti che ciò avvenga. Per questo ritengo che la petizione abbia un valore importante e democratico».