Fedeltà all’unicità di Dio
18 gennaio 2016
Un giorno una parola – commento a Deuteronomio 6, 16
Non tenterete il Signore, il vostro Dio
(Deuteronomio 6, 16)
Gesù Cristo dice: «Se voi mi amate, osserverete i miei comandamenti»
(Giovanni 14, 15)
Ecco risuonare in questo splendido capitolo del Deuteronomio, insieme alla confessione di fede shemà Ishrael, che rimanda al concetto del Dio uno come principale contenuto della fede creduta e vissuta da Israele, questo terribile ammonimento: «non tenterete il Signore, il vostro Dio». Tentare qui significa mettere alla prova Dio costruendo altri dei. Il primo elemento della confessione della fede è perciò il Nome di Dio accompagnato dell’’ehad, che traduciamo il Signore è Uno o l’Unico Signore. Non ci possono essere altri Signori od oggetti di culto (le ashera sono idolatria), che possono distrarre o compromettere il nostro impegno di fedeltà all’Unicità di Dio. L’ascolto porta alla fede che può avere un solo oggetto, Dio che è Uno e l’unico Signore. Vi siete mai chiesti per quale motivo si deve ripetere l’unicità di Dio due volte al giorno? Perché il vitello d’oro è sempre in agguato, gli idoli sordi e muti, creazione umana sono sempre vicini al cuore idolatra dell’uomo, perché costantemente ci fabbrichiamo i nostri idoli a nostra immagine e somiglianza, e non soltanto quelli che fanno sculture e si inginocchiano dinanzi ad esse, ma anche noi abbiamo la tentazione di farci i nostri idoli di puro spirito, i soldi, il potere e via dicendo. L’ascolto è anche l’atteggiamento credente di chi ascolta soltanto la parola che il Signore che è Unico gli rivolge, Gesù ci dice che questo è il comandamento più importante che riassume la Legge e i profeti. L’intera parola di Dio è perciò contenuta in questo comandamento che ci invita a ascoltare la voce del Dio che ci parla e si rivela a noi nella sua Parola incarnata in Cristo e che ammonisce di non «tentare il Signore».