Ricca: «Lo sbattezzo non è un trend in aumento, lo è da tempo de facto».
08 gennaio 2016
L'anno appena concluso ha fatto registrare un record senza precedenti nel numero di download dei moduli di sbattezzo dal sito dell’Uaar. Abbiamo rivolto alcune domande al teologo Paolo Ricca
L'anno appena concluso – ricorda un comunicato diramato dall’Unione degli atei e degli Agnostici razionalistici (Uaar) – ha fatto registrare un record senza precedenti nel numero di download dei moduli di sbattezzo dal sito dell’Uaar, che hanno toccato quota 47.726, surclassando i dati del 2012, quando furono in 45.797 a scaricare il modulo. Nel 2009 il dato era pari a 39.891; nel 2010 a 35.751; nel 2011 a 33.143, nel 2013 a 35.510; nel 2014 a 32.611». Secondo l’Uaar questi dati sono solo indicativi. Non è detto infatti che una volta scaricato il modulo si proceda effettivamente al suo invio, ma è comunque una «cartina al tornasole per monitorare i cambiamenti in atto nella nostra società rispetto all'adesione al cattolicesimo», ha commentato il segretario dell’Unione Raffaele Carcano «Per noi dell’Uaar – ha proseguito Carcano – si tratta della conferma che, al di là della popolarità attribuita a papa Francesco dai media, è sempre più nutrito il numero di quanti non si riconoscono come cattolici: un'evidenza di cui anche la politica dovrebbe tenere maggiormente conto».Questi dati sono stati commentati a caldo dal teologo Paolo Ricca incalzato da Riforma.it. Nel 2013 Ricca ha pubblicato per la Claudiana editrice Dal battesimo allo “sbattezzo”.
Come commenta queste notizie?
«Le notizie diramate dall’Associazione non ho avuto modo di verificarle, ma certamente non fanno stupire. La popolazione di paesi come l’Italia di tradizione cattolica e di altri paesi di tradizione protestante e ortodossa è de facto sbattezzata, in quanto vive come se non fosse mai stata battezzata. Mi riferisco in particolar modo alle persone battezzate in età infantile. Il numero di coloro che de facto sono già sbattezzati – in Italia molto superiore a quello che emerge dai dati dell’Uaar – è preoccupante ed è un effetto nato dalla secolarizzazione che sta attraversando tutta la nostra Europa».
Un dato ancor più allarmante dunque, quello dello «sbattezzo secolarizzato».
«I numeri dello “sbattezzo” de facto è infinitamente superiore alle cifre riportate dall’Uaar. Parliamo di milioni di persone. Lo sbattezzato secolarizzato è colui che si è di fatto sbattezzato senza averlo espresso ufficialmente, senza aver scaricato moduli e senza averli inviati ai registri competenti. È colui che vive come se non fosse mai stato battezzato e così pensa, ragiona e agisce. Quindi gli sbattezzati sono innumerevoli nel nostro paese, come in generale in tutta l’Europa. A manifestare pubblicamente il proprio sbattezzo, facendone richiesta esplicita presso la parrocchia nella quale si era ricevuto il sacramento, per essere non dico cancellati in quanto questo non è possibile (un fatto accaduto non può essere cancellato) ma segnalati come persone che non ritengono il proprio battesimo valido, è direi un numero di persone decisamente modesto rispetto a quelle che come dicevo de facto vivono la propria esistenza come se non fossero mai stati battezzati».
Dunque chi è stato battezzato non può essere sbattezzato?
«La richiesta di sbattezzo ha un valore in quanto la persona si sottrae, attraverso la dichiarazione, alle implicazioni giuridiche del battesimo. Il battesimo è un atto di fede, un atto rituale, è un sacramento che ha anche delle implicazioni giuridiche nel senso che il battezzato con quell’atto diventa membro di una chiesa, qualunque essa sia, e questo prevede degli obblighi che naturalmente la maggioranza delle persone battezzate ignora, ma che di fatto esistono. Ad esempio se una persona vuole sposarsi religiosamente in chiesa o in un tempio deve avere con sé l’atto di battesimo. Evidentemente le persone che chiedono l’atto di sbattezzo non hanno nessuna intenzione di sposarsi religiosamente. Se ci trovassimo in Germania l’appartenenza ad una confessione implicherebbe anche il pagamento di una tassa ecclesiastica, a meno che si dichiari esplicitamente di non voler essere più membro di quella confessione o di quella chiesa. In Italia non è così, ma ripeto l’appartenenza ad un corpo sociale quale è la chiesa, sia la grande chiesa cattolica, sia corpi più piccoli, come possono essere l’ortodossa o l’evangelismo ha delle implicazioni, se non giuridiche certamente morali che si devono seguire con coerenza. Se si decide di essere membri della chiesa cattolica, ad esempio, si decide di seguire gli stili di vita che la chiesa prevede. Dunque uno sbattezzo, ufficialmente dichiarato può liberare da queste implicazioni».
L’Uaar parla di un fenomeno legato esclusivamente al cattolicesimo. Per quale motivo non estende il fenomeno alle chiese evangeliche e ortodosse?
«Questo non mi stupisce, siamo in un paese a maggioranza cattolica. Ma ribadisco che il vero sbattezzo non è quello evidenziato dall’Uaar, è quello legato alla secolarizzazione. Il fenomeno dello sbattezzo de facto investe tutto il cristianesimo, anche i membri delle chiese evangeliche e delle chiese ortodosse che pur essendo stati battezzati, anche da adulti, vivono come se non lo fossero mai stati. Un fenomeno che abbraccia tutto il cristianesimo e vede la secolarizzazione imperare malgrado la figura e il messaggio di papa Francesco o tutte le campagne di evangelizzazione che le chiese non si stancano mai di proporre. Lo sbattezzo di fatto è una realtà molto diffusa e radicata nella coscienza stessa dell’Europa. Un’Europa in larga misura sbattezzata. Questo è un fatto. Poi c’è chi non si accontenta di essersi sbattezzato de facto, ignorando completamente il proprio battesimo, ma intende manifestarlo ufficialmente: questo è un passo in più».
Eppure il battesimo dovrebbe avere un significato intimo, di fede, non dovrebbe essere vissuto come un atto di appartenenza ad una chiesa o una comunità?
«Il battesimo è il sacramento, il segno, il suggello dell’appartenenza a Cristo. Ossia il fatto che tu, nella tua vita, consideri Cristo, il Signore, il Salvatore della tua esistenza. Non solamente la tua ma anche di quella degli altri. Il battesimo è innanzitutto la comunione con Cristo Signore. Poi, da questo incontro nasce anche l’appartenenza alla comunità concreta, storica, che può essere una chiesa, una comunità. Il battesimo per l’apostolo Paolo è: “Un morire e un resuscitare con Cristo”, ossia l’essere associati a Cristo nella sua morte e nella sua risurrezione. Nel battesimo per immersione questo concetto è ben espresso: scendere nelle acque battesimali significa morire e uscire dalle acque battesimali significa risorgere. Questo è il senso profondo del battesimo. Nessuno però può sapere cosa si cela nel cuore e nei pensieri delle persone che chiedono di essere sbattezzate».
Secondo lei c’è consapevolezza di cosa sia realmente il battesimo?
«No. Non c’è gran consapevolezza, anzi direi che vi è spesso ignoranza o quantomeno poca consapevolezza sul vero significato di questo significativo atto. Una inconsapevolezza presente in quelli che lo chiedono per sé stessi o per i propri figli, anche nelle persone adulte e battezzate in tenera età. Non è facile rendersi conto di ciò che quel segno pone sulla nostra vita. Come lei giustamente ha detto, il battesimo è il fatto più personale della religione cristiana. Infatti si dice qual è il tuo “nome di battesimo”. Nel battesimo il proprio nome, non il cognome, ossia ciò che ti identifica, è unito al nome di Dio. “Ti battezzo nel nome del Padre …” o come si diceva all’inizio, “ti battezzo nel nome di Gesù”. Allora il tuo nome e il nome di Dio sono congiunti in una alleanza eterna. Questo è il senso più bello e profondo del battesimo. Quindi con il battesimo è veramente in gioco l’identità, l’essere se stessi, con Dio attraverso Gesù».