Il miracolo della nascita
07 gennaio 2016
La maternità surrogata porta con sé molti problemi, domande e perplessità, anche nelle nostre chiese. Un contributo al dibattito in corso
Cinque donne morte di parto in una settimana. Forse una coincidenza. Nonostante i non pochi casi di malasanità che si verificano in Italia, è difficile sostenere che i responsabili siano distrazione e superficialità di medici e personale. Nel nostro paese si conta una cinquantina di questi casi all'anno, in media con Francia o Regno Unito. Le cause sono in primo luogo emorragie, età avanzata della partoriente, tagli cesarei non necessari, ma anche le condizioni durante la gestazione, come il diabete, la pressione alta, l'essere in sovrappeso. E può capitare anche di morire durante il parto per una banale influenza.
Queste notizie mi hanno spinto a riflettere, una volta di più, sul fatto che, pur nella piena fiducia verso la scienza medica, le tecniche e le strumentazioni più avanzate, ogni nascita è un miracolo, esposto al fallimento, come la morte è una possibilità che fa parte della vita e non è una sorta di confine esterno che molti vorrebbero spingere sempre più avanti nell'età, in molti casi in modo del tutto insensato.
Mi sento di affermare che la vita è un dono e la maternità non è un diritto, ma una possibilità che a volte non si realizza. Oggi sappiamo molto di più sulle cellule, sui neuroni, le reazioni chimiche, le proteine, il Dna nei nostri corpi: questa meravigliosa crescita nella conoscenza non è in contrasto con la certezza che la vita è un dono di Dio. Anche se la creazione di intelligenza artificiale, o addirittura di un essere umano, fa parte del nostro folle, prossimo futuro.
Questa riflessione si collega anche al tema della maternità surrogata (chiamata sbrigativamente e a volte con spregio “utero in affitto”) che è stato affrontato da un'intervista di Federica Tourn a tre donne, due delle quali pastore (Daniela Di Carlo, Letizia Tomassone, Monica Fabbri).
Con accentuazioni diverse (gestione del proprio corpo in totale libertà, dono di maternità, conseguenze di una legge che vieta la fecondazione eterologa, approvata con un referendum, ma poi bocciata dalla Corte costituzionale... ), le donne intervistate si dicono favorevoli alla libertà di decisione sull'uso del proprio corpo e quindi alla possibilità che una coppia che non può avere figli utilizzi l'utero di una donna disponibile. Se mai si chiede che una eventuale legge impedisca quello che rischia di diventare un mercato della merce “utero”. Forse nell'articolo su Riforma sarebbe stata opportuna anche una voce contraria.
La Corte europea ha affermato che «la pratica della gestazione surrogata che prevede lo sfruttamento riproduttivo e l'uso del corpo umano per un ritorno economico o di altro genere, in particolare nel caso delle donne vulnerabili nei paesi in via di sviluppo, deve essere proibita». Sono d'accordo, a parte l'ipocrita definizione di “paesi in via di sviluppo”. Tutti sanno che sono paesi dove la disperazione per la fame e per la guerra costringe donne e bambine a vendere l'unica cosa che possiedono, il loro corpo, intero per la prostituzione, o a pezzi (rene, fegato e oggi anche utero). Ma a questo divieto occorre aggiungerne un altro: è vietato far morire di fame il prossimo.
Emotivamente mi colloco fra i contrari, ma capisco che la questione è veramente complessa, anche perché si intreccia con quella delle unioni civili fra persone dello stesso sesso non ancora regolamentata nel nostro paese, nonostante i richiami fatti dalla Corte europea.
Le domande e le perplessità, a volte il rifiuto delle unioni di coppie omosessuali, della decisione sinodale sulla loro benedizione, della “gestazione surrogata”, sono ben presenti nelle nostre chiese. La si smetta di dire che, se siamo laici, dobbiamo essere aperti alla totale libertà, compreso l'utero in affitto. Qui la laicità non c'entra proprio per niente. E' necessaria la chiarezza di informazioni, il rispetto e la pazienza reciproca.
E perché non parlare, di nuovo, anche dell'affido, della possibilità che esso sia aperto anche alle coppie omosessuali, che si liberi dalle complicate pratiche burocratiche, acquistando la sua positiva valenza di educazione all'essere genitori?