Il diritto di asilo tra accoglienza ed esclusione
18 dicembre 2015
Un volume per comprendere i meccanismi che stanno dietro il fenomeno dell'immigrazione in Italia e in Europa
L'Asgi, Associazione per gli studi giuridici sull'Immigrazione, nasce per iniziativa di un gruppo di avvocati, giuristi e studiosi, con l'intento promuovere l'informazione e l'analisi delle questioni legate all'immigrazione, ai diritti dello straniero, dell'apolide o del rifugiato. Un impegno particolarmente impellente in un Paese nel quale spesso l'informazione è incompleta e lascia molte lacune ad animare il dibattito intorno ai temi dell'immigrazione. Proprio in questo senso si colloca la realizzazione del volume “Il diritto di asilo tra accoglienza ed esclusione”, un lavoro collettivo che vuole fornire le informazioni basilari e necessarie per cercare di comprendere cosa sta accadendo in Italia e nel contesto europeo, disponibile in versione e-book gratuita, scaricabile dal sito dell'Asgi.
Un impegno nella narrazione delle migrazioni che assume una veste importante oggi, Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, e di cui parliamo con Gianfranco Schiavone, uno degli autori del volume.
A chi è rivolto questo lavoro?
«Abbiamo voluto creare un volume che non fosse di taglio accademico né manualistico, benché sia prevalentemente giuridico e normativo, non è rivolto agli studiosi di diritto in senso stretto e non è neanche un manuale per gli operatori. Anche se i temi sono complessi è un libro divulgativo con un linguaggio accessibile per spiegare al lettore come funziona effettivamente il sistema di asilo in Italia e in Europa. Una scelta abbastanza inedita dato che in Italia mancano libri che possano far avvicinare le persone a questi temi complessi e il dibattito nell'opinione pubblica è di basso livello, stereotipato, pieno di luoghi comuni, senza dati e senza la comprensione della complessità del fenomeno. Ma soprattutto senza conoscenza di cosa sia effettivamente il sistema di asilo in Europa, che, se mai è esistito, è entrato in crisi nel 2015».
Come si struttura il libro?
«Il libro spiega il contesto delle cosiddette migrazioni forzate; è suddiviso in sei capitoli dei quali i primi affrontano gli arrivi, i transiti, i controlli alle frontiere, il sistema europeo di asilo e la norma italiana. Una parte è dedicata a un confronto fra l'Italia e altri due paesi, la Svezia e la Francia scelti in quanto mete particolari di destinazione. Una sezione riguarda il modello di accoglienza italiana estremamente contraddittorio. Nelle conclusioni si fanno delle riflessioni sulle possibili evoluzioni di un fenomeno che non ha niente a che fare con l'emergenza ma è strutturale e destinato a rimanere una costante fino ad incidere sui cambiamenti sociali.
Può essere un libro per addetti ai lavori perché è documentato, rigoroso e soprattutto è aggiornatissimo con le ultime disposizioni e fa riferimento ai dati di ottobre di quest'anno, però lo ripeto, vuole essere soprattutto un libro per far capire al mondo della cultura e della politica che bisogna fare un salto di qualità nella riflessione su questo tema. In Italia bisogna superare l'idea che a parlare di asilo siano solo coloro che se ne occupano in senso tecnico e lasciare l'opinione pubblica ad affrontarlo come chiacchiera da bar, condito con ogni tipo di sciocchezza. Il libro vuole fare uscire da questa morsa».
In che senso il sistema italiano è contraddittorio?
«L'Italia è un paese che fino a pochissimi anni fa non aveva nessun sistema di asilo. Abbiamo vissuto per 50 anni ignorando completamente questo tema, i rifugiati in Italia erano pochissimi e, mentre altri paesi dell'Unione europea dovevano già affrontare il tema delle migrazioni forzate, anche se in maniera inferiore a oggi, il nostro Paese era dormiente. Abbiamo assistito a dei cambiamenti poderosi e, devo dire, negli ultimi anni, anche in senso positivo, ma scontiamo ancora un profondissimo ritardo nell'organizzazione del sistema di accoglienza che è totalmente sottostimato. È arretrata la competenza della pubblica amministrazione nella gestione del sistema nel suo complesso, sia la parte di accoglienza che quella legata alle procedure, è arretrata la stessa magistratura nell'affrontare questo campo del diritto, così come la conoscenza degli operatori sul diritto in generale. Stimo scoprendo un nuovo mondo e un nuovo fenomeno da affrontare recuperando un ritardo muovendoci a tappe forzate.
In tutto questo ci sono anche delle sperimentazioni positive, per esempio i programmi di accoglienza diffusa presso i comuni e, in generale, le esperienze positive di integrazione. Accanto a questo però, vediamo gli enormi campi profughi che in Italia, in maniera assolutamente sconsiderata, hanno generato nel sud del Paese un circuito malavitoso. E poi i tempi assurdi della burocrazia, l' attesa per l'esame delle domande, la mancanza di un programma di integrazione successivo al riconoscimento, fanno sì che i rifugiati cerchino di uscire dal nostro Paese per mancanza di prospettive di inserimento. Cerchiamo di spiegare perché succede tutto questo, quali siano le cose positive che stanno maturando ma anche quali siano le contraddizioni delle normativa e dell'applicazione della stessa».
Una parola chiave all'interno del libro è “transito”. Perché?
«Perché il 2015 è stato l'anno nel quale tutti, sia noi giuristi sia i lettori distratti, abbiamo visto transitare attraverso l'Italia e attraverso i Balcani centinaia di migliaia di persone arrivate in Europa, rompendo quel meccanismo inapplicabile dato dal regolamento di Dublino che, sostanzialmente, stabilisce la competenza del primo paese in cui la persona arriva. Abbiamo assistito al movimento di popolazioni intere che si sono messe in moto e la risposta dell'Europa di fronte a tutto questo ha visto, da parte della Commissione europea, delle proposte interessanti ma forse un po' deboli e incerte; la risposta da parte degli stati invece, non posso che definirla inquietante. Non penso soltanto al caso ungherese; sembra per certi aspetti di essere sprofondati nel nostro stesso oscuro passato europeo. Alcune delle cose che abbiamo visto quest'estate ricordano gli anni '30: i muri, i fili spinati, le violenze contro persone inermi, la paura degli sbarchi e di fare la ridistribuzione dei rifugiati, governi che si vogliono scegliere le persone come fossimo al mercato delle vacche... insomma, è venuto fiori il lato oscuro dell'Europa. Il diritto di asilo è qualcosa che mette in luce in maniera particolare, più di altri temi, cosa siamo noi veramente».
Come commenta la proposta della Commissione europea di istituire un'agenzia comunitaria di polizia di frontiera e di guardia costiera?
«C'è un'ossessione sicuritaria inutile e, per certi aspetti, patetica. L'Europa deve rendersi conto che nel nostro continente vivono e vivranno in futuro più rifugiati. Il contesto internazionale è drammatico, milioni di persone hanno abbandonato il loro paese di origine a causa di guerre che non riusciamo a gestire e che in alcuni casi si svolgono in aree geografiche molto vicine a noi. È irragionevole pensare di non essere attraversati da queste crisi, nessun poliziotto può fermare queste persone disperate a meno che non vogliamo abbassare sempre di più il nostro livello di democrazia e cominciamo a sparare. Dobbiamo decidere quale strada imboccare: se quella del rispetto dei principi fondanti che noi stessi dichiariamo sotto il nome di diritti umani, o se invece vogliamo violarli perdendo voce in capitolo».