L'attesa sospesa di Bruxelles
23 novembre 2015
Intervista Donatella Rostagno, segretaria esecutiva dell'EurAc che vive e lavora in città
Terzo giorno di massima allerta terrorismo in Belgio. Nella notte tra domenica e lunedì la polizia ha effettuato un'estesa operazione che ha portato all'arresto di 16 persone, dalla quale sembra che Salah Abdeslam, l'attentatore ricercato per i fatti di Parigi, sia riuscito a fuggire. Nel frattempo in città continuano i blocchi, le perquisizioni e la chiusura di alcuni locali. La metropolitana è bloccata e le scuole sono chiuse. Abbiamo cercato di capire quale sia la percezione in città con Donatella Rostagno, segretaria esecutiva dell'EurAc, rete europea per l'Africa centrale, che vive e lavora a Bruxelles.
Qual è la situazione in città?
«I cittadini di Bruxelles hanno le stesse notizie che avete in Italia, che appaiono sui giornali o su internet. Su questa notte, per esempio, le notizie sono simili. Le scuole sono chiuse, così come le metropolitane e tutto ciò che è sotterraneo. La maggior parte dei bus circola, anche se stamattina alcuni conducenti non si sono presentati al lavoro. I supermercati e i parcheggi sono presidiati e controllati da agenti di sicurezza. Le strade sono abbastanza deserte, gli uffici delle istituzioni europee sono rimasti aperti ma il consiglio che è stato dato è quello di lavorare da casa. La situazione è effettivamente di allerta e ci fa restare in attesa sul da farsi. Lo stato di allerta 4 rimane confermato».
E chi non può stare a casa? Le forze di sicurezza controllano tutti?
«Le forze di sicurezza si vedono e sono molto presenti, chi va a lavorare viene controllato, anche se gli uffici delle istituzioni di solito hanno già un livello di sicurezza elevato e si controlla chiunque entri. Ho l'impressione che chi può sia rimasto a casa in queste ore. La situazione è assurda, da un lato si continua a vivere normalmente, ma con controlli più elevati: dall'altra si spera di rientrare in una situazione di calma».
Secondo lei il paese era preparato a questa emergenza?
«Da un lato penso che Bruxelles fosse pronta perché è la città delle istituzioni europee, e in ogni momento può essere tra i possibili obiettivi di attacchi: è il simbolo dell'Unione Europea. La mia percezione come cittadina è che debba essere successo qualcosa nella notte di venerdì: quella sera siamo usciti per un concerto, la gente era per le strade e i ristoranti aperti. Solo dopo è iniziata l'allerta. La polizia sta rispondendo come può, immagino che abbia deciso di chiudere tutto proprio per avere le forze disponibili per le retate e per non dover essere “distratta” da altri problemi. Ora bisogna vedere quali saranno i risultati dei blitz di questa notte: sicuramente gestire e controllare tutta una città è complicato. Dall'altra parte, come cittadini ci fidiamo dei servizi segreti, della polizia e delle loro competenze. Sicuramente c'è ancora da attendere, se il sospettato principale non è stato preso».
Qual è lo stato emotivo di chi vive a Bruxelles?
«L'immagine dello “stare in bilico” riflette sicuramente il nostro stato d'animo. Io non sono spaventata in questo momento ma è anche vero che sappiamo cosa accade oggi, ma non quello che succederà domani, né quali siano i criteri per cui le autorità decideranno di cambiare la situazione. Siamo in attesa, non vedo panico nelle strade: è più la stranezza di una situazione a cui non siamo abituati».