Un nuovo patto
28 ottobre 2015
Un giorno una parola – commento a Geremia 31, 31
«Ecco i giorni vengono», dice il Signore, «in cui io farò un nuovo patto con la casa d’Israele e con la casa di Giuda»
(Geremia 31, 31)
Dio ci ha chiamati non soltanto fra i giudei ma anche fra gli stranieri
(Romani 9, 24)
L’idea del «Patto» fra Dio e un singolo essere umano (Abramo, Giacobbe) oppure fra Dio e le tribù che poi diverranno il popolo d’Israele, è molto presente nella Bibbia. Nel capitolo 24 del libro dell’Esodo è descritta con molta solennità la celebrazione del patto con sacrifici e pasto comunitario, alla presenza di Mosè, di giovani, di anziani. La descrizione si conclude con una frase misteriosa: «Essi videro Dio e mangiarono e bevvero» (v. 11).
Un patto impegna due contraenti che si impegnano ad osservarlo ciascuno per parte sua. Non c’è uguaglianza fra le parti, anzi la disparità in questo caso è grandissima. I profeti insistono nel denunciare l’inosservanza da parte del popolo, foriera di gravi conseguenze sul piano politico, morale, pubblico e privato. Geremia, rivolgendosi a suoi compatrioti in esilio che si struggono per il desiderio di tornare al loro paese natio, annuncia la possibilità di un «nuovo patto», che Dio offre al suo popolo e che sarà possibile osservare perché Dio metterà la sua legge nel loro cuore.
Un nuovo patto che impegna a una nuova vita è anche l’offerta di Gesù a cena con i suoi discepoli, che indica nel mangiare e bere insieme a lui la possibilità di «vedere Dio». La comunità dei discepoli ha vissuto il nuovo patto, divenendo testimone della risurrezione di Cristo.
Con chi farebbe Dio oggi un nuovo patto? Quando leggiamo il testo di Geremia, tendiamo ad applicarlo automaticamente a noi, ma è veramente così? Non è vero piuttosto che Dio lo farà con i profughi, i disperati, quelli che cercano una nuova patria? E noi da che parte stiamo?