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Piccoli filosofi riflettono sul potere

Come sono nati i tre servizi realizzati dal programma Protestantesimo su Rai Due? Intervista all’autore e regista Davide Venturi

Nei mesi di agosto e settembre scorsi, all’interno del programma Protestantesimo, è andata in onda su Rai Due una piccola serie, intitolata “Bambini di fronte a Dio”. Tre servizi, tutt’ora visibili sul sito della Rai, per interrogarsi sui significati della parola potere, sulle sue implicazioni nel rapporto tra esseri umani, ma anche nel rapporto con Dio.

I “piccoli filosofi” interpellati erano i ragazzi del catechismo e i bambini della scuola domenicale della chiesa metodista di Roma (via XX settembre), che come spesso accade quando si fanno parlare i bambini, hanno espresso perle di saggezza che spesso mancano dalle bocche degli adulti.

Ma com’è nata questa serie? Chi ha avuto l’idea e come è stata messa in pratica? L’abbiamo chiesto a Davide Venturi, autore e regista, che ci ha raccontato il “dietro le quinte” di questa esperienza, realizzata lavorando insieme ai bambini e ai loro monitori e monitrici, spiegandoci anche che quella di Roma non è stata la prima, e probabilmente non sarà nemmeno l’ultima...

Innanzitutto, qual è il tuo lavoro?

«Io faccio il regista e l’autore, non necessariamente in quest’ordine.... Lo dico con molto rammarico perché ultimamente mi occupo sempre più della scrittura di alcuni prodotti televisivi e sempre meno della loro messa in scena».

Qual è l’aspetto più interessante? E quello più difficile?

«Beh, l’aspetto più interessante è la variabilità: ho scritto sceneggiature di cartoni animati, ho lavorato per trasmissioni sportive, ho fatto l’aiuto-regista in alcuni film e ho curato la regia di alcuni backstage e di piccole pubblicità. Penso che avere la possibilità di cambiare registro di comunicazione a seconda del mezzo che si utilizza sia una cosa bellissima, perché alimenta costantemente la creatività. La cosa più difficile, invece, è convivere con il fattore tempo. Mi spiego senza dilungarmi troppo: la creatività per me è sintesi. Ma la sintesi richiede molto tempo, che spesso viene negato a chi fa questo mestiere».

Com’è nata la serie Bambini di fronte a Dio?

«Tanti anni fa giocavo con mia nipote al ristorante. Su un tovagliolo di carta aveva disegnato una bambina con scritto: “Perché sono umana?”. Mentre gli adulti impauriti al mio fianco si stavano interrogando sul perché una bambina di 7 anni avesse scritto questa cosa, io le chiesi semplicemnte di argomentare quella domanda. Così, mentre continuava a disegnare, parlava come una piccola filosofa. Apriva parentesi, si faceva domande a cui dava nuove risposte fantasiose ed argute. Chiesi all’amico Luigi Ricca (il grafico e animatore della serie Bambini di fronte a Dio, ndr) di aiutarmi nel fare un cartone animato sulla base di alcune interviste fatte ai bambini. Dopo vari festival, le nostre interviste a cartooon arrivarono sulla scrivania di un capostruttura di RaiTre. Chiamammo questa serie Don’t Kid Me, ovvero Non Trattarmi come un Bambino (anche nel doppio senso negativo di bambino=stupido). Anche se alla rete il progetto piaceva tanto, la sua realizzazione si scontrò con tante difficoltà. Insomma, dopo tanti interessamenti e tanti inizi di lavorazione, le nostre interviste non videro una vera e propria alba televisiva. Stanco di questa situazione, adattai il prodotto per Protestantesimo: interviste ai bambini e grafica animata al loro fianco. Lo invia al caporedattore Marco Davite ed ecco che grazie alla rubrica Protestantesimo il progetto non ha visto più tramonti. Dal 2011 ad oggi abbiamo lavorato con 3 gruppi di scuole domenicali (Palermo, Bologna e Roma) e mandato in onda 7 episodi di Bambini di fronte a Dio».

Quante persone ci vogliono per realizzare un servizio di questo tipo?

«Come prima cosa servono i filosofi, ovvero i bambini. Sono loro il motore di questa serie, mentre dietro la telecamera lavorano con me un grafico e animatore, e una piccola troupe di 3 persone che si occupa con me delle riprese e del montaggio. Non va dimenticato che per la logistica delle interviste e delle riprese ci avvaliamo dell’aiuto dei monitori e delle monitrici. Senza il loro apporto Bambini di fronte a Dio non sarebbe fattibile».

Il tema: chi l’ha scelto, qual è il messaggio o la riflessione che avete voluto trasmettere?

«Ho lasciato che i bambini spingessero il messaggio dove preferivano. Poi, dopo le interviste, mi sono confrontato con il capo redattore per cercare di armonizzare i discorsi di questi piccoli filosofi in modo da far navigare il montaggio finale verso una riflessione unica. Data questa premessa necessaria, mi sembra che tutte le puntate di questa serie abbiano un comune denominatore: una grande sfiducia nell’essere umano contemporaneo. Non solo nel suo confronto con Dio (ricordo ad esempio le parole di Jessy: “Il mare mi fa venire in mente Dio perché non può averlo fatto l’uomo. L’uomo al massimo può fare solo piscine”) ma anche nel suo essere in questo momento storico un pessimo esempio per la società (una bambina mi disse: “L’essere umano è cattivo perché non presta mai niente a nessuno”). Ecco, penso che una cosa del genere mio padre quando era bambino non la poteva pensare perché viveva un’epoca di maggiore fiducia negli altri. Per quanto riguarda queste ultime tre puntate sul potere, mi ha colpito che i bambini abbiano una vera e propria avversità per la parola “potere” perché, contrariamente al finale del Padre Nostro, il potere viene percepito come un esercizio prettamente umano, che non appartiene al divino».

I bambini: erano a loro agio davanti alla telecamera?

«Così come gli adulti, ci sono bambini che non “sentono” la telecamera, mentre altri la vivono come un severo occhio che cerca di giudicare la loro risposta. Per tranquillizzarli la formula che uso all’inizio è: “Io farò tante domande come un professore, ma a differenza dei vostri professori non cerco né risposte giuste, né risposte sbagliate, ma solo il vostro parere, che sarà per me sempre corretto”».

E’ più difficile lavorare con gli adulti o con i bambini?

«Il tempo è il fattore che incide di più nel lavorare con i bambini: più tempo da dedicare a ogni bambino per cercare di conquistarne la fiducia, ma più tempo anche in termini di gigabyte (per Bambini di fronte a Dio giro circa 3 volte tanto rispetto a un normale servizio di Protestantesimo). Anche con gli adulti il fattore tempo è di difficile gestione, ma per l’esatto contrario: hanno sempre meno tempo da dedicarti. E non a caso sono i bambini a dire sempre agli adulti: “non hai mai tempo per me”. Alla fine di questa intervista penso che la prossima serie di episodi potremmo farla proprio su un tema come il Tempo...»

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