Reagire all’afflizione
28 settembre 2015
Un giorno una parola – commento a Atti degli apostoli 9, 3-4
Prima di essere afflitto andavo errando, ma ora osservo la tua parola
(Salmo 119, 67)
E durante il viaggio, mentre si avvicinava a Damasco, avvenne che, d’improvviso, sfolgorò intorno a lui una luce dal cielo e, caduto in terra, udì una voce che gli diceva: «Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?»
(Atti 9, 3-4)
La vita del credente è caratterizzata da un evento decisivo che costituisce un punto «zero» prima del quale l’umano non era entrato in relazione con la parola di vita e andava errando, e dopo il quale, l’umano, pur riscattato, si trova a vivere quell’afflizione di cui la Bibbia parla frequentemente.
Quando l’apostolo Paolo non vide più nulla, allora vide Dio. Aprì gli occhi al Dio creatore di tutto ciò che esiste, al Padre di Gesù Cristo. Fece l’esperienza del Figlio crocifisso e risorto, della morte e risurrezione come capovolgimento dei criteri umani; fece l’esperienza dell’iniziazione ad una vita nuova, missionaria.
Paolo scrisse «So soltanto che lo Spirito Santo in ogni città mi attesta che mi attendono catene e tribolazioni» (Atti 20, 23). Affrontò naufragi, percosse, persecuzioni, fame, sete, nudità, diffamazioni. Ai Filippesi comunicò così questa realtà: «Vi è stata concessa la grazia, rispetto a Cristo, non soltanto di credere in Lui, ma anche di soffrire per lui».
Nella Bibbia l’afflizione risulta essere un mezzo per prendere consapevolezza della netta differenza tra la volontà divina e quella umana: si basano su presupposti differenti e perseguono scopi differenti.
Il nostro modo di reagire all’afflizione è decisivo per i risultati che ne conseguono. Il Signore ci forma per farci diventare veterani nella battaglia spirituale, esempi di fede e speranza per la generazione che precediamo.