Preservare la diversità
21 settembre 2015
L’arcivescovo di Canterbury convoca i primati per riflettere sul futuro della Comunione anglicana
Il 16 settembre scorso Justin Welby, arcivescovo di Canterbury, ha inviato una lettera a tutti i 37 primati invitandoli a partecipare nel mese di gennaio 2016 ad uno speciale raduno a Canterbury per “riflettere e pregare insieme sul futuro della Comunione anglicana”.
L’incontro, ha riferito l’arcivescovo Justin Welby, sarebbe l’occasione per discutere di questioni chiave in vista della prossima Conferenza di Lambeth, assemblea di tutti i vescovi della Comunione anglicana indetta all’incirca ogni 10 anni. L’ultima si è svolta nel 2008, dove emerse la polarizzazione tra chiese liberal, favorevoli sia alla benedizione di relazioni omosessuali che all’ordinazione di omosessuali praticanti, e chiese conservatrici, contrarie a qualsiasi compromesso in tal senso in nome della rivelazione biblica. Le posizioni divergenti da allora sembrano aver posto in pericolo l’unità della Comunione anglicana. Qualcuno ha parlato addirittura di “scisma” nella chiesa anglicana tra le parti più liberali della Chiesa – in particolare Stati Uniti e Canada – e quelle invece tradizionaliste, in particolare in Africa.
Nella lettera di convocazione inviata il 16 settembre, l’arcivescovo Welby scrive: «Ognuno di noi vive in un contesto diverso. La differenza tra le nostre società e culture, così come la velocità di cambiamento culturale che si registra in gran parte dei Paesi del Nord, tenta di dividerci come cristiani. (…) Ma la famiglia anglicana del XXI° secolo deve dare spazio al profondo disaccordo, e anche alla critica reciproca».
Il tentativo di Welby è di voler tenere insieme le chiese liberali del Nord America, che riconoscono e incoraggiano il matrimonio gay, e le chiese africane, capeggiate da Kenya, Uganda e Nigeria, che condannano le relazioni omosessuali. Entrambe le chiese possono definirsi «anglicane», pur non condividendo una medesima disciplina o dottrina.
«Non abbiamo nessun Papa anglicano – scrive Welby -. La nostra autorità come una chiesa è dispersa e si trova, in ultima analisi, nella Scrittura, correttamente interpretata. Dobbiamo incontrarci in quella luce, sotto la guida dello Spirito Santo, e cercare di trovare un modo che ci permetta di intraprendere un percorso che favorisce il servizio e l’amore reciproci in vista, soprattutto, della proclamazione della buona novella di Gesù Cristo».
La risposta dei conservatori non è tardata ad arrivare. «La Bibbia deve essere al centro della Comunione anglicana», ha detto l’arcivescovo Eliud Wabukala, primate del Kenya e presidente della Conferenza sul futuro globale dell’anglicanesimo (Gafcon), in una lettera pubblicata stamane.
Alla proposta di Welby di ripensare la Comunione come un’associazione più flessibile al fine di mantenere i rapporti con le chiese liberali del Nord America, i vescovi africani considerano il cambiamento superfluo.
«La crisi nella comunione non è un problema di relazione o di contesto culturale, ma un problema di falso insegnamento». «La nostra fiducia non è in alcun riorganizzazione strutturale, anche se può essere utile, ma nella grazia salvifica di Cristo... e nella verità costante della Bibbia», ha detto Wabukala.
Nel tempo del pluralismo la sfida posta all’Anglicanesimo è capire se potranno coesistere posizioni molto diverse sull’approccio verso la vita dei propri fedeli e appartenere alla stessa comunità ecclesiale.