Religion Today Filmfestival. Malatesta: «I nostri primi 18 anni»
14 settembre 2015
"Il dubbio della fede" il titolo di questa edizione del festival internazionale dedicato al dialogo fra cinema e religioni
Religion Today Filmfestival ha raggiunto la maggiore età, e quest’anno, con la sua diciottesima edizione, in calendario tra il 9 e il 19 ottobre, il tema scelto ne delinea il carattere: “Questioning God. Il dubbio della fede”. Un Festival internazionale dedicato al dialogo tra cinema e religioni che, nato nella città di Trento, si è da sempre speso per una cultura della pace. Abbiamo rivolto alcune domande a Katia Malatesta, direttrice artistica, che ha presentato l’intero programma a Roma presso la Casa del Cinema nella splendida cornice di Villa Borghese in largo Marcello Mastroianni. Una conferenza stampa alla quale hanno partecipato don Donato Lacedonio della Facoltà di Scienze della comunicazione sociale dell’Università Pontificia Salesiana e Luigi de Salvia, segretario generale della sezione italiana di Religions for Peace.
Malatesta, ci può raccontare come è nato, diciotto anni fa, il desiderio di realizzare un Festival dedicato al tema del dialogo tra cinema e religioni?
«L’idea, precorritrice, fu di procedere lungo un doppio binario: da un lato l’indagine delle modalità con cui temi e fenomeni religiosi possono trovare espressione sul grande schermo, in relazione con le specificità del linguaggio cinematografico e allargando lo sguardo rispetto ad una tradizione di studi che si era concentrata soprattutto sulla produzione occidentale e in particolare sul film biblico; dall’altro l’esplorazione “militante” del potenziale del cinema per il dialogo interreligioso».
Uno dei film in concorso: Romantic Nostalgia
Il territorio indagato in questa diciottesima edizione del Festival è quello «compreso tra la fede come slancio, ponte, impegno, scelta, e il dubbio più che mai inteso come ricerca, misura, antidoto contro le terribili certezze che non cessano di alimentare chiusure e conflitti».
«Crediamo che questa dialettica antica quanto le stesse religioni si presti come strumento per interpretare le ansie, le inquietudini, le aspirazioni e gli interrogativi che oggi ritroviamo nelle produzioni provenienti dai più diversi contesti culturali e religiosi, evidentemente in relazione con quanto avviene quotidianamente in un mondo in cui il religioso è tornato prepotentemente al centro dell’attenzione. E vogliamo moltiplicare l’impegno perché il nostro Festival sia davvero un’occasione di dialogo a largo spettro: tra credenti e altrimenti credenti, credenti e non credenti, laici “deboli” e laici “forti”, attraversando senza pregiudiziali tutta la mappa della diversità».
Un concorso audace il vostro, che indaga argomenti sensibili. Quali sono, secondo lei, i punti di forza di quest’edizione e quali i temi emersi tra dai 55 film in concorso e provenienti dai 27 paesi di tutti i continenti?
«Nel catalogo le tante interpretazioni originali e intense del tema dell’anno si intrecciano con i temi caldi dell’attualità: dai conflitti complicati da motivazioni religiose alle relazioni di genere, al rapporto con il corpo e la corporeità. Una delle novità di questa 18a edizione, inoltre, è una sezione specificamente dedicata al cinema delle migrazioni: un tema oggi ineludibile, che nel nostro caso alimenta anche la riflessione sulla pluralità religiosa e la sfida del dialogo interreligioso».
Da una parte il concorso, che vedrà film e corti classificarsi, dall’altra il valore civile, etico e morale della vostra iniziativa.
«Sono entrambe dimensioni irrinunciabili, radicate nel dna del nostro Festival. Tanto è vero che accanto al concorso cinematografico da sempre coltiviamo le occasioni di incontro e confronto, per un “laboratorio di convivenza” che coinvolge tanto il pubblico quanto i nostri ospiti internazionali: ben sapendo che i filmaker possono poi agire come moltiplicatori di opinione nei rispettivi contesti di provenienza».
Uno dei film in concorso: My Bycicle
Sono previste attività che faranno da cornice al Festival?
«Il programma si arricchirà di contaminazioni con la letteratura, il teatro e in particolare la musica, con la presenza della cantautrice e attrice araba israeliana Mira Awad nell’ambito di un denso focus dedicato alla Terrasanta. Ma questo 18° compleanno del Festival vuole essere anche un momento di bilancio e di rilancio: per questo abbiamo coinvolto importanti partner istituzionali e accademici nell’organizzazione di un convegno internazionale sul tema “Cinema e diversità”».
Qual è il funzionamento della macchina organizzativa e della giuria?
«Il concorso internazionale prevede la consegna di tre premi tecnici, al miglior film, al miglior cortometraggio a soggetto e al miglior documentario, unitamente al nostro premio caratteristico “Nello spirito della fede”. La giuria quest'anno è composta da Reza Bahrami, regista, produttore e critico cinematografico iraniano; Serge Goriely, cineasta, drammaturgo e docente presso l'Università Cattolica di Louvain; Abdul-Rehman Malik, giornalista, educatore e direttore dell'Insight Film Festival di Manchester; Natalia Morales Herrera, attrice e regista colombiana direttrice del Fusagasugá International Film Festival; Ariela Piattelli, direttrice artistica del Pitigliani Kolno'a festival di Roma. Ai premi conferiti da Signis e dalle varie giurie speciali nelle diverse sedi del Festival quest’anno si aggiunge anche il premio del Forum Trentino per la Pace e i Diritti Umani in memoria di Alexander Langer a vent’anni dalla scomparsa».
Uno dei documentari: Madres de los dioes
Può ricordare anche gli appuntamenti previsti sul territorio nazionale.
«Fedele alla sua vocazione itinerante, Religion Today toccherà, oltre a Trento, varie località trentine e regionali, rinnovando in particolare la propria presenza in una città storicamente plurale come Merano. A Roma proseguirà l’esperienza della collaborazione con la Facoltà di Scienze della Comunicazione Sociale dell’Università Pontificia Salesiana, mentre la piccola grande comunità di Nomadelfia ancora una volta ci accoglierà per tre giorni di proiezioni ed eventi aperti anche alle scuole grossetane, ultima tappa prima di riprendere gli scambi con i partner internazionali, da Gerusalemme al Bangladesh».
I “dubbi” arrivati con il compimento della maggiore età delineano altresì anche la vostra maturità. Un bilancio di questi diciotto anni e uno sguardo al futuro.
«Per noi questa edizione, con i nostri primi 18 anni, rappresenta un traguardo conquistato letteralmente giorno per giorno, tra visioni, entusiasmi, spinte e ripensamenti, non senza difficoltà e “crisi di crescenza”: non è facile portare in tanti ambienti un nome che fa esplicito riferimento al religioso, né promuovere il dialogo e l’accoglienza nei periodi in cui violenze e problemi economici alimentano chiusure e intolleranze. Ma ogni anno abbiamo trovato anche il sostegno generoso di vecchi e nuovi compagni di strada: con loro cercheremo di restare sintonizzati con i cambiamenti radicali di un mondo in cui la sfida raccolta dal Festival - valorizzare le differenze, dentro e fuori la sala di proiezione - diventa ogni giorno più urgente».