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Il caso dei libri ritirati dalle scuole a Venezia

Lipperini: «Quando si ama un figlio o una figlia, si dà loro la possibilità di conoscere; se li si tiene nell’ignoranza, quello non è amore. Ed è questo che mette paura».

Il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro ha chiesto il ritiro di alcuni volumi dalle scuole comunali definendoli gender e spiegando che trattano di argomenti che non vanno affrontati a scuola ma in famiglia. Chi si è opposto al sindaco ha parlato di «censura di regime» sottolineando come tra i quasi cinquanta libri ritirati, ci siano capisaldi della letteratura per l'infanzia, che passano messaggi di rispetto, ascolto e accoglienza. Ne abbiamo parlato con la giornalista e scrittrice Loredana Lipperini.

 

 

Come commenta la notizia della censura?

«Prima che di censura parlerei di profonda e irreversibile ignoranza. Fra quei libri, infatti, ci sono opere di Leo Lionni, classici per l’infanzia dove non si fa nessun riferimento al fantasma del gender che è stato inventato da qualcuno e che percorre il nostro paese. Sono libri che evidentemente non sono stati letti da chi li contesta e da chi ha deciso di censurarli. Ho già verificato che la stessa cosa è successa qualche mese fa con molta meno eco, a Siniscola, in Sardegna: un iniziativa benemerita come Nati per leggere, che si propone di portare la lettura ai più piccoli e lo fa andando a coprire dei vuoti del nostro paese in materia di libri, è stata fortemente attaccata. In questo caso è stato chiamato un esorcista contro un libro di Lionni, “Piccolo blu e piccolo giallo” che racconta di due macchie di colore diverse che si uniscono per dar vita ad un altro colore: vorrei che qualcuno mi spiegasse che cosa c’è di perturbante in questo libro. Quelle che vedono in questi libri la perversione o il male, sono persone malate».

I libri rimossi a Venezia parlano di omoaffettività?

«Quasi tutti i testi non parlano affatto di genere, ma parlano solo del modo di essere persone diverse, e la differenza può essere qualsiasi: un bambino con un carattere particolare, timido o con una disabilità. In Friuli, nel “Gioco del rispetto”, un’altra iniziativa che va a coprire un vuoto legislativo che vede l’Italia agli ultimi posti in Europa per la mancanza di una legge sull’educazione affettiva e sessuale a scuola, e che era un modo di raccontare ai bambini delle scuole materne che cosa sia il rispetto. Sui giornali locali la notizia è uscita in questo modo: “associazione gender invita i bambini delle scuole materne alla masturbazione”. Spero che abbiano dato corso all’intenzione di sporgere querela, perché ne hanno il diritto. Questi casi ci dimostrano che quella che è in atto è una campagna di disinformazione e di profondissima ignoranza di chi mette al bando questi capolavori per l’infanzia».

Come commenta la reazione aall decisione di Brugnaro?

«La non straordinaria diffusione di questa notizia parla da sé, credo che molte persone non lo sappiano neanche. Qualche anno fa la regione Veneto chiese di far uscire dalle biblioteche alcuni opere tra cui Gomorra di Saviano, libri dei Wu Ming e molti altri. In quel caso ci fu una reazione degli scrittori stessi e l’assessore dovette ritirare il suo invito. Nel caso di oggi diverse associazioni, case editrici, librai si stanno mobilitando sui social, ma non è ancora abbastanza. Bisognerebbe che la televisione e altri organi di stampa riportassero questa notizia mettendola in correlazione con tutti i casi che, ormai da mesi, si stanno susseguendo. Forse ci vorrebbe un intervento del Centro italiano per il libro e per la lettura e una presa di posizione del Ministero per i beni culturali, che al tema della lettura è molto attento. Bisognerebbe spiegare che il diritto alla lettura è di tutti i cittadini e agire con forza estrema verso qualsivoglia lista di proscrizione».

Il rapporto tra il ruolo della famiglia e della scuola è forse uno degli aspetti più interessanti: che ne pensa?

«Anche qui parliamo di ignoranza. Certamente la famiglia e la scuola sono i due agenti educativi principali. Nella prima si cresce e si apprendono dei modelli, nella seconda si impara ad essere cittadini. L’educazione sessuale nelle scuole esiste dagli anni 50 nella maggior parte dei paesi europei: noi abbiamo una proposta di legge ferma in Parlamento dal 1975, un’altra sull’educazione affettiva che non è stata neanche calendarizzata. La scuola deve fare la sua parte, e l’educazione sessuale e uno di quegli elementi che insegnano ad essere cittadini. Questo non significa scavalcare il ruolo della famiglia. Si dice di guardare all’Europa per le questioni finanziarie ed economiche, ma perché non guardare per cultura ed educazione?».

Come dovrebbero reagire i cittadini e le cittadine a queste censure?

«A livello nazionale occorre non farci influenzare dai vaneggiamenti di chi ritiene che la scuola voglia trasformare i propri figli in una colonna omosessuale, e approvare una legge sull’educazione sessuale, altrimenti è inutile preoccuparsi del bullismo nelle scuole, o del suicidio di un quindicenne, come è successo a Roma, perché additato come omosessuale. Per Venezia mi auguro che i cittadini, con forza, respingano l’iniziativa del sindaco, che acquistino quei libri e li diffondano in tutte le scuole della città. Ci va una reazione forte, chiara e unitaria. Qui si porta avanti con protervia un meccanismo di paura che è davvero fondato sul falso. Se provate a cercare qualsiasi contenuto online delle Sentinelle in piedi, per esempio, noterete come stanno facendo passare il concetto che esista un fantomatico complotto di quelli che vengono chiamati “omosessualisti” per traviare i bambini. Ma quando si ama un figlio o una figlia, si dà loro la possibilità di conoscere; se li si tiene nell’ignoranza, quello non è amore. Ed è questo che mette paura».