Evangelizzazione a tu per tu
15 giugno 2015
Estratto dal numero 230 di Gioventù evangelica
Come evangelizzare nella relazione interpersonale con il nostro prossimo? Le nostre chiese hanno avuto una forte spinta missionaria in passato, che ha gettato le basi della realtà di oggi, dove fatichiamo ad evangelizzare come siamo chiamati a fare come credenti, presi dalla preoccupazione di apparire come quelli che vogliono fare proselitismo. Ne parla Stefan Bachmann, che sottolinea anche come l’azione sociale di testimonianza si deve accompagnare all’annuncio dell’Evangelo in modo coerente e credibile.
Andate per il mondo e predicate l’evangelo ad ogni creatura. Questo il grande mandato affidato da Gesù a tutti i discepoli. Oggi è un tema che trova un po’ più di difficoltà di definizione, date le varie teologie e varie prassi nell’intenderla. Innanzitutto c’è da dire che l’evangelizzazione ha forse perso l’importanza centrale nella chiesa di oggi, mentre era vista come missione centrale dalla chiesa delle origini, nell’azione costante dei discepoli che erano testimoni dell’annunzio della buona novella. Sarà forse perché ci ritroviamo in un pluralismo eccessivo, e in una forma di tolleranza religiosa, che in qualche modo quasi inibisce un chiaro annuncio dell’evangelo da parte della Chiesa e dei suoi membri, soprattutto nella quotidianità. Che cosa significa evangelizzare? Non è appunto semplice dare una definizione univoca al termine, ma è importante delinearne i contenuti essenziali per aver ben chiaro il modo per rendere il messaggio nel migliore dei modi.
Il desiderio di Dio descritto in 1 Tim 2:4 è che tutti gli uomini siano salvati e giungano a conoscenza della verità; quindi, come sottolineato in Romani 10:14 come potranno credere se la buona notizia non viene loro annunciata? La cultura post-moderna ci ha forse un po’ influenzati nel non voler essere di disturbo al prossimo, e lasciare agli altri la libertà di scelta, per paura di essere visti come agenti di proselitismo. Il comando di Gesù è stato quello di andare e fare discepoli, ma l’esempio guida che Gesù ci ha dato è stato quello di invitare in modo diretto e deciso le persone a seguirlo, lasciando però a loro la scelta, come chiaramente evidenziato nel racconto dell’incontro col giovane ricco (Luca 18). Quindi più che di azione volta al proselitismo, si tratta di un invito; comunicare l’evangelo comincia col chiarire alle persone il significato della morte e resurrezione di Gesù, e come queste hanno preparato la possibilità di una relazione ristabilita col Padre, ricevendo la salvezza per grazia, attraverso la fede. Insistere sull’aspetto relazionale, è una delle chiavi per rendere invitante, reale e attuale tale annuncio.
Non si tratta di un annuncio meramente teologico, ma della possibilità di un incontro spirituale reale col Figlio di Dio che porta a una nuova nascita, un cambiamento radicale da una vita vissuta egoisticamente senza Dio a una vita in comunione e relazione con Lui. E’ proprio tale aspetto che dovrebbe incoraggiarci a non essere restii nell’annuncio, trattandosi un’offerta unica, quella di una relazione che può davvero portare pace e gioia indescrivibili e tanto assenti nell’uomo post-moderno, alla ricerca di un senso e confuso da un mondo caotico senza precedenti.
L’aspetto dell’instabilità della società circostante può rappresentare soltanto un ulteriore elemento di incoraggiamento, dato che le risposte che il messaggio cristiano nell’incontro con Dio offre all’essere umano sono quantomeno uniche e sempre più necessarie, e noi dovremmo evitare di tenere tali benefici solo per noi stessi, in modo egoistico.
L’azione sociale di testimonianza dovrebbe precedere e/o seguire l’annuncio dell’evangelo che in un mondo di immensi bisogni, non può limitarsi solamente all’ annuncio. D’altro canto essa non dovrebbe neanche sostituire tale annuncio, limitandosi a un fare il bene. Le buone opere spesso possono rappresentare un mezzo per creare apertura e fiducia nelle persone che poi ascolteranno con un cuore aperto l’annuncio dell’evangelo.
Mi vorrei ora concentrare in particolare sull’evangelizzazione personale diretta, a tu per tu, dato che è un aspetto su cui le Chiese dovrebbero riprendere slancio. Infatti, non mettendo in discussione la bontà dei momenti di evangelizzazione organizzati con eventi culturali, musicali, evangelistici, nelle piazze, nei luoghi di cultura ove accessibili, uno degli aspetti da valorizzare è la comunicazione personale dell’evangelo di ogni credente con la rete di persone con cui si trova giornalmente ad interagire. Dal meccanico al medico, dal fruttivendolo al vicino di casa, ciascuno si ritrova in una rete di decine di conoscenze con un contatto più o meno frequente. L’idea non è quella di essere insistenti, invadenti, oppressivi con tali contatti, ma in modo delicato cogliere quelle opportunità di aprire un dialogo anche su argomenti spirituali, avvalendosi magari di letteratura cristiana (vangelo, calendario cristiano o altro materiale ben selezionato da offrire), ove non si trova facilità nell’approccio.
Le persone in fondo sono curiose, ma data anche l’enorme diffidenza che oggigiorno si è creata, difficile da abbattere, piuttosto che da qualche sconosciuto che per strada gli offre un volantino, tendono a voler sapere qualcosa in più da persone che incontrano in modo più frequente, che possono inquadrare un po’ meglio, anche sulla base dei loro comportamenti (per tale ragione, l’evangelizzazione più efficace è portata da persone coerenti nella loro testimonianza cristiana). Il presidente di un College Cristiano di formazione teologica in Australia suggeriva ai suoi studenti di non uscire mai di casa sforniti di un qualche materiale evangelistico da poter condividere con le persone; tale abitudine, che potrebbe sembrare eccessiva, porta invece a ricordare ogni giorno il mandato a cui da cristiani siamo chiamati a rispondere, e cioè di portare l’evangelo ad ogni creatura, a partire da alcune di quelle che giornalmente incrociamo.
A volte, poi, specie in credenti molto zelanti, vi è la tentazione nel voler annunciare tutto il contenuto del messaggio della salvezza in un’unica volta, rischiando anche di sopraffare le persone di informazioni che talvolta non riescono a seguire. Sono necessari nuovi ponti e linguaggi per poter avvicinare le persone al reale significato dell’evangelo, in modo da poterlo pienamente afferrare. Anche Gesù con la samaritana adottò un metodo graduale dell’annuncio, suscitando prima la curiosità e accendendo la sete spirituale nell’anima di quella donna. Spesse volte il saper ascoltare l’altro sulla sua idea intorno a Dio e alla religione, e lasciar descrivere il suo percorso di vita aiuta a comprendere il punto in cui l’altra persona si trova, e nel poter partire con l’annuncio tenendo conto della storia personale di quella persona con Dio.
Uno degli aspetti che spesso manca nel mondo evangelico è una preparazione ad ampio spettro su tutte le credenze e i principi fondamentali degli altri credi, per poter creare dei buoni collegamenti che partano dal loro modo di credere, o dalla loro concezione religiosa. A volte, in Italia, l’evangelizzazione è stata fatta perlopiù in contrapposizione al cattolicesimo e ai sui dogmi non basati sul testo biblico e non tanto a partendo da un sereno confronto o dalla posizione dall’ascolto della posizione altrui. La preparazione necessaria, tuttavia, non sminuisce uno degli aspetti essenziali nell’annuncio dell’evangelo, che è l’affidarsi alla guida dello Spirito Santo, anche attraverso i suoi doni di parole di sapienza e di conoscenza. La Sua guida ci illumina sulle parole più adatte da utilizzare in ogni circostanza, indirizzandoci a rispondere in modo diretto ai bisogni di un’anima, senza perderci in un confronto a volte sterile e lontano dalla vita concreta delle persone.
Riguardo a nuove opportunità, ci troviamo immersi nella società dell’informazione in cui possiamo scegliere in che modo comunicare utilizzando i nuovi media, tra cui i social network, che sono diventati anche strumenti di diffusione del messaggio dell’evangelo. La possibilità di poter postare e condividere pensieri, messaggi, canti, predicazioni e innumerevoli altri link con tutta la rete di amicizie o di ‘followers’ ci dà l’occasione di superare anche delle barriere spazio/temporali. Tali azioni dovrebbero comunque avvenire sempre con ponderazione, per non essere rifiutati dalle persone in quanto considerati fanatici. Si tratta di spazi nuovi ancora da esplorare e utilizzare al meglio.
Per concludere, abbiamo alle spalle un’ampia tradizione evangelistica e missionaria, visto che la maggior parte delle Chiese attuali sono nate da una forte spinta missionaria ed evangelistica, che poi nel tempo si è arenata per i molteplici problemi che le chiese si sono trovate ad affrontare al loro interno. Dovremmo riuscire a recuperare quella spinta che richiede certamente sacrificio e determinazione, ma di esempi in tal senso ne abbiamo davvero tanti. Vorrei terminare richiamando John Stotti, scomparso di recente, nel suo commento al Patto di Losanna, un breve scritto, nel cui titolo è riassunta la missione di cui tutti noi ci dovremmo necessariamente riappropriare: “Tutta la Chiesa deve portare tutto il Vangelo a tutto il mondo”.
i Nato e cresciuto nella chiesa anglicana, John Stott si convertì in gioventù e divenne poi lui stesso un predicatore, nella chiesa di All Souls nel West End di Londra (chiesa che frequentava da bambino) e lì continuò a predicare fino in tarda età. Forza intellettuale dell’evangelismo del XX secolo, fu il principale artefice, insieme al predicatore statunitense Billy Graham del Congresso di Losanna e estensore del Patto medesimo, promuovendo l’evangelismo a livello mondiale. John Stott ha insegnato e predicato in tutto il mondo, autore di più di 50 libri, alcuni dei quali pubblicati anche in Italia (Edizioni GBU).