La vera ricchezza
12 giugno 2015
Un giorno una parola – commento a Ecclesiaste 5, 9
Chi ama l’argento non è saziato con l’argento; e chi ama le ricchezze non ne trae profitto di sorta
(Ecclesiaste 5, 9)
La vostra condotta non sia dominata dall’amore del denaro; siate contenti delle cose che avete; perché Dio stesso ha detto: «Io non ti lascerò e non ti abbandonerò»
(Ebrei 13, 5)
L’essere umano può scoprirsi ricco sotto molti aspetti: ci si può ritenere ricchi di tante cose… di cultura, di esperienza, di capacità manuali, di riconoscimenti, di affetti, di rapporti interpersonali, di stima, di simpatia, di amici, di radici storiche e di tanto altro…. Per tutto questo non c’è certamente da sentirsi in colpa o mancanti rispetto alla volontà di Dio.
Il vero rischio che si corre è quello dell’insuperbirsi, di cadere in un’esaltazione di sé e di ritenere, come purtroppo spesso accadde, di poter fare a meno di Dio, di dire a Dio: «Fatti da parte che me la so cavare da solo».
Questo non è gradito a quel Dio che Gesù ci ha presentato come Padre, e le Scritture ce lo attestano continuamente: quell’uomo che, magari onestamente accumulava fino a sentire il bisogno di nuovi granai, fu additato da Gesù come stolto, in quanto ignaro in un destino, (il suo!), fuori dal suo controllo (cfr Luca 12, 20); l’apostolo Pietro donò allo storpio tutto quanto aveva: non oro e argento, ma la sua fede (Atti 3, 6). E Pietro aveva colto nel segno, perché la Scrittura ci ricorda che è la benedizione di Dio che fa ricchi (cfr. Proverbi 10, 22a).
In questa società arrivista, ammantata di un edonismo di falsi lustrini, segnata da un egocentrismo esasperato, il nostro ruolo come cristiani e come chiesa è far sì che tanti/e possano sperimentare vera ricchezza, che tanti/e possano sperimentare la larghezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità dell’amore di Cristo (cfr. Efesini 3, 18), un amore indifferenziato, un Amore che si dona.