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Il rispetto passa dal riconoscimento

Dall'Irlanda all'Italia: un commento di Flavio Romani, presidente di Arcigay, sulle questioni aperte intorno alle unioni omoaffettive

Il 4 giugno sarà inaugurato a Roma il Portale Nazionale contro le discriminazioni LGBT nell’ambito della strategia nazionale portata avanti dal Dipartimento Pari Opportunità e dall’Unar in collaborazione con il Comune di Torino e la Rete Ready: «è il momento finale di una strategia che è stata portata avanti negli ultimi due anni, ed è un passo importante – dice Flavio Romani, presidente di Arcigay – dovrebbe essere un ponte istituzionale per parlare di diritti negati alla comunità Lgbt». In questi giorni, si è tornato a parlare di unioni civili e della discussione del testo Cirinnà nel nostro Paese, ancora da visionare in Commissione Giustizia al Senato, complice la spinta che il referendum in Irlanda ha dato in termini di riconoscimento delle unioni tra persone dello stesso sesso, in quel caso il matrimonio. «Quello che è accaduto in Irlanda ha scosso la nostra politica e ha messo davanti agli occhi la vergogna e i ritardi incredibili che questo Paese sta scontando – commenta Flavio Romani – Renzi e il centro sinistra si sono di nuovo accorti che non si può più andare avanti senza nessun tipo di normativa per quello che riguarda le coppie dello stesso sesso».

Nelle scorse settimane sono state nuovamente ipotizzate delle tempistiche da parte del governo per la prima proposta in aula del testo, fra luglio e settembre: «una tempistica ragionevole – secondo Romani – fattibile a patto che ci sia una volontà politica precisa: per esempio gli emendamenti sono 4320, se si discutessero tutti ci vorrebbero 256 settimane, cinque anni, ma ci sono i modi per superarli, basta usarli. Ricordandosi che stiamo sempre parlando di unioni civili, non di matrimonio». Oltre ai commenti negativi sull’esempio dell’Irlanda, come quello del segretario di Stato vaticano Pietro Parolin che ha definito le nozze gay come “una sconfitta dell'umanità”, alcuni immaginano le modalità del Referendum applicate al nostro paese; oltre che difficilmente praticabile, secondo Romani non è lo strumento giusto: «Una legge che riguarda una minoranza dei cittadini e che riguarda i diritti non dovrebbe mai essere messo a disposizione di una maggioranza. Detto questo se si facesse un referendum anche in Italia, penso che i cittadini risponderebbero più o meno allo stesso modo: il Paese è pronto, è d’accordo, non si imbarazza più. Gli unici a essere imbarazzati e imbarazzanti sono i parlamentari. L’insegnamento di civiltà ci arriva dalla cattolicissima Irlanda, che fino a vent’anni fa puniva per legge l’omosessualità. Noi siamo ancora qui ad arrancare su un progetto di legge che si doveva approvare da un pezzo».

Ancora, sui tempi verosimili della discussione nel nostro Paese, Romani conclude «I più di 3000 emendamenti del Nuovo Centro Destra e i 700 presentati dal solo Senatore Lucio Malan, sono evidentemente di tipo ostruzionistico. Questi signori non hanno voglia di discutere e dibattere, ma solo di affossare questo testo di legge. la dimostrazione di un uso improprio della democrazia. Il Parlamento dovrebbe essere il luogo dove si discute: più di quattromila emendamenti ad un testo di legge di poche pagine e di pochi articoli dà la misura di quale sia la volontà di queste forze politiche».

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