Noi della “Generazione UR”
07 maggio 2015
Un lascito per i nostri figli
Io li ho appena compiuti. E a novembre compirà 51 anni anche Unitatis Redintegratio, il decreto del Concilio Vaticano II sul dialogo ecumenico. Devo dire che fa un po' effetto accorgersi di avere la stessa età di un documento che ha rappresentato una svolta della Chiesa cattolica in favore della riconciliazione e dell'unità, dopo quasi duemila anni di lotte e divisioni all'interno dell'Ecumene cristiana. Ci si rende conto, in qualche modo, di essere pienamente figli di un tempo nuovo, un'era in cui le diversità non sono più sinonimo di contrapposizione, ma occasione di arricchimento reciproco.
Ripensavo a questo fatto di appartenere alla “Generazione UR” (Unitatis Redintegratio) guardando all'incontro del 4 maggio in Vaticano tra papa Francesco e la “monsignora” Antje Jackelén, arcivescovo di Uppsala e primate della Chiesa evangelica luterana di Svezia.
Anche se non è stato sottolineato abbastanza dai mass media nostrani, si tratta di un evento storico: è la prima volta, infatti, che una donna vescovo protestante è stata accolta nel Palazzo apostolico per un incontro ufficiale con il vescovo di Roma.
Il papa si è rivolto alla Jackelén chiamandola “stimata sorella”. E ha ricordato che il decreto conciliare “esprime un profondo rispetto e apprezzamento nei confronti di quei fratelli e sorelle separati a cui nella coesistenza quotidiana talvolta si rischia di rivolgere scarsa considerazione”. In realtà, ha aggiunto Bergoglio, “essi non vanno percepiti come avversari o come concorrenti, ma riconosciuti per quello che sono: fratelli e sorelle nella fede”.
Il passaggio da un atteggiamento di avversione a uno spirito di fraternità dovette costare non poco sforzo a chi apparteneva alle vecchie generazioni. Per noi della “Generazione UR”, invece, fu tutto più semplice. Di una cosa, però, occorre essere coscienti: la sensibilità ecumenica non è una conquista irreversibile. L'esclusivismo confessionale e identitario, così come il razzismo o l'antisemitismo, sono semi cattivi difficili da estirpare. La malapianta può rinascere, anche a causa della nostra disattenzione o della nostra superficialità. Noi della “Generazione UR”, dunque, portiamo una grande responsabilità: quella di trasmettere ai nostri figli il valore della fraternità ecumenica e il senso di scandalo per la divisione dell'Ecumene cristiana.