La grande ricompensa
30 aprile 2015
Un giorno una parola – commento a Ebrei 10, 35
Beato l’uomo che ripone nel Signore la sua fiducia
(Salmo 40, 4)
Non abbandonate la vostra franchezza che ha una grande ricompensa!
(Ebrei 10, 35)
Il testo di oggi fa pensare ad una impresa sportiva, ad una scalata di rocciatori, come suggerisce un commentatore; gli atleti sono legati l’uno all’altro, la roccia è impervia, la scalata molto difficile. Il gruppo è stanco, ma la meta è vicina, sono ormai prossimi alla vetta. Sembra che alcuni vogliano interrompere la scalata e ritirarsi. Che danno farebbero a se stessi e agli altri!
Non abbandonate la vostra franchezza… Il termine tradotto con “franchezza” è in greco parousia che, in altri contesti, indica la coraggiosa confessione di fede che sfida le avversità. Qui fa pensare piuttosto alla perseveranza tenace che non molla l’obiettivo, soprattutto ora che la meta è vicina. L’autore dell’epistola ha appena parlato di una “lotta lunga e dolorosa” affrontata dai credenti a cui si rivolge, di “oltraggi, vessazioni” (v. 32) subiti personalmente, oppure vissuti “facendovi solidali con quelli che erano trattati in questo modo” (v. 33).
Chi sta subendo soprusi e vessazioni non deve esser lasciato solo, ma deve esser sostenuto dalla comunità umana, e tanto più cristiana, consapevole di combattere insieme la grande battaglia per la giustizia e la pace sulla terra. Non si abbandona il campo, per quanto difficile sia la resistenza: la franchezza consiste questa volta nella solidarietà incondizionata fino alla “grande ricompensa” che è il raggiungimento della vetta, l’umanità secondo il progetto di Dio.
Forse però non sempre si è consapevoli di esser vicini alla meta: l’attesa messianica, l’escatologia, la fine dei tempi con il giudizio su ciascuno degli attori della storia umana, sono state per la chiesa cristiana del I secolo, come per gran parte dell’ebraismo, il centro della fede, della speranza di un mondo giusto. Per questo è indispensabile e urgente “convertirsi”, cambiare rotta rispetto alla marcia che porta verso la morte. “Scegli la vita!” è il messaggio profetico fondamentale.
Al tempo della lettera agli Ebrei si era forse affievolita questa attesa e questa speranza, perciò deve essere ricordata in termini di fiducia, resistenza, tenacia instancabile: c’è una nuvola di testimoni che hanno resistito, Gesù ha fatto tutto quello che si doveva fare per interrompere la catena del male, ha distrutto la morte e cominciato la vita della vera umanità.
Che dire di noi oggi? Siamo stanchi ancora prima di cominciare la scalata! C’è nel nostro tempo chi sta lottando per sopravvivere a tutti i costi (che sono altissimi), per cambiare un’esistenza troppo misera e esposta alla morte. Penso naturalmente ai fratelli e sorelle che attraversano e spesso muoiono nel Mediterraneo, perseguitati, sfruttati, a volte uccisi dai trafficanti. Smettiamo di sentirci vittime di sorti avverse, possiamo almeno essere solidali nella cordata per cambiare e cercare il bene comune. L’Europa, che è in massima parte cristiana, dedica ben poco delle sue risorse a questa grande battaglia, si va dall’indifferenza al sentimento di impotenza, alla paura dell’invasione. La “grande ricompensa” è salvarci insieme!