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Sfogliando i giornali del 16 aprile

Il parlamento europeo riconosce il genocidio degli armeni, si dimette l’inviato Onu Jamal Benomar in Yemen, nominato il primo ambasciatore donna in Iran dalla rivoluzione del 1979, in Colombia il governo sospende la tregua con i ribelli delle Farc, in Sudan l'affluenza è troppo bassa ed è rimandata la chiusura dei seggi

01 – Il parlamento europeo riconosce il genocidio degli armeni

Il parlamento europeo ha approvato ieri sera a larga maggioranza una risoluzione che riconosce il genocidio degli armeni messo in atto dall’impero ottomano, rende omaggio alle vittime e propone l’istituzione di una giornata europea del ricordo. Con la risoluzione, inoltre, si prende posizione contro «ogni tentativo di negazionismo». La risoluzione, in realtà, ripete quanto già adottato nel 1987, ma in questo momento storico potrebbe far salire la tensione con la Turchia. Secondo i primi commenti del ministero degli esteri turco, «l’Europa ripete un errore già commesso in passato, e questo testo è un esempio senza precedenti di incoerenza in ogni suo aspetto che viene respinto al mittente». Già prima del voto, il presidente Recep Tayyip Erdoğan aveva detto che non avrebbe tenuto conto del risultato.

02 – Yemen, si dimette l’inviato Onu Jamal Benomar

Jamal Benomar, il consulente speciale delle Nazioni Unite per lo Yemen, ha rassegnato le proprie dimissioni. Benomar ha infatti chiesto al segretario generale Onu, Ban Ki-moon, di concludere la sua missione, continuando a «mettere a disposizione le sue competenze quando necessario». Il diplomatico, di nazionalità marocchina, era consulente in Yemen dal 2011, quando le proteste portarono alle dimissioni del presidente Saleh e l’arrivo dell’attuale guida del paese, Hadi. Tra i candidati sembra che il mauritano Cheick Ahmed possa essere il più accreditato. Intanto, nel paese continuano i combattimenti tra i ribelli Houthi e le truppe fedeli al presidente Hadi. Il ministro degli esteri iraniano Mohammad Javad Zarif ha proposto un piano di pace per mettere fine alla crisi nello Yemen, che prevede un cessate il fuoco, seguito da una missione umanitaria e dall’istituzione di un governo di coalizione e dal dialogo tra le fazioni coinvolte nel conflitto. La proposta, tuttavia, è stata rifiutata dall’Arabia Saudita, che dal 26 marzo sta conducendo un’operazione militare contro i ribelli sciiti.

03 – Iran, nominato il primo ambasciatore donna dalla rivoluzione del 1979

Il governo dell'Iran ha deciso di nominare la portavoce del ministero degli Esteri, Marzieh Afkham, ambasciatrice in un Paese straniero, ancora da decidere. Si tratta della prima volta dalla rivoluzione del 1979 che Teheran sceglie una donna per un incarico a quel livello. Afkham ha alle spalle una lunga carriera nel ministero degli Esteri e nel 2013 è passata dall'ufficio Informazione e stampa, di cui era capo, al ruolo di prima portavoce donna dello stesso dicastero, e si ritiene che la sua carriera sia un forte segnale del cambiamento in corso in Iran. Al momento del suo insediamento, infatti, il presidente Rohani aveva scelto di dare la vicepresidenza ad altre due donne: Shahindokht Molaverdi, accademica e giurista incaricata degli Affari delle donne e della famiglia, e Masumeh Ebtekar, docente universitaria e responsabile per l'Ambiente.

04 – Colombia, il governo sospende la tregua con i ribelli delle Farc

Il presidente colombiano Juan Manuel Santos ha confermato questa mattina la sospensione della tregua con i guerriglieri delle Farc, le forze armate rivoluzionarie della Colombia, dopo l’attacco costato la vita a dieci soldati. Si tratta di una significativa battuta d’arresto nei negoziati di pace tra il governo colombiano e le Farc, ripresi a febbraio all’Avana. A dicembre, infatti, i ribelli avevano decretato una tregua unilaterale, ma si sono riservati il diritto di rispondere alle offensive dell’esercito colombiano. A marzo, invece, il governo aveva interrotto la campagna di bombardamenti come segno di distensione dei rapporti, ma l’attentato di Cauca di due giorni fa ha portato alla ripresa degli scontri.

05 – Sudan, elezioni: affluenza troppo bassa, rimandata la chiusura dei seggi

Le elezioni in Sudan, che dovevano chiudersi ieri sera, si concluderanno soltanto oggi alle 22. Lo ha annunciato il presidente della commissione elettorale, Mukhtar Al Assam, dopo che nella giornata di ieri ci si era resi conto del livello particolarmente basso dell’affluenza nei primi due giorni delle consultazioni. La partecipazione, infatti, è stata finora tra il 10 e il 15% degli aventi diritto, anche perché sin dall’inizio della campagna elettorale la rielezione alla presidenza di Omar Hassan Al Bashir e la vittoria del partito del Congresso nazionale è apparsa scontata. Il voto, inoltre, è stato boicottato sia dai principali partiti di opposizione che dai gruppi ribelli attivi nelle regioni del Darfur, dei Monti Nuba e del Nilo Blu. Lunedì scorso, nel primo giorno di voto, alcuni combattenti del Movimento di liberazione nazionale del Sudan-Nord (Splm-N) avevano assaltato tre seggi e raggiunto con colpi di mortaio l’abitato di Kadugli, il capoluogo dei Monti Nuba.

Foto "2011-09-28 16-20-06 Iran" by Hansueli Krapf This file was uploaded with Commonist. - Own work: Hansueli Krapf (User Simisa (talk · contribs)). Licensed under CC BY-SA 3.0 via Wikimedia Commons.