9 aprile 1945: Bonhoeffer non era solo
09 aprile 2015
Ricordiamolo tutto l’anno, e oggi pensiamo a quelli che morirono con lui
Che cosa ricordare di Dietrich Bonhoeffer che non sia già stato detto? È praticamente impossibile. Che cosa ricordare, oggi, anniversario della sua uccisione? Io direi, molto semplicemente che oggi ricordiamo gli altri che furono impiccati con lui: Wilhelm Canaris, Hans Oster: coloro che presero parte alla stessa congiura contro Hitler nella quale era stato coinvolto il teologo e pastore luterano. Lo stesso giorno, non a Flossenbürg bensì a Sachsenhausen, veniva ucciso Hans von Dohnanyi, anch’egli congiurato.
In questo giorno, dunque, ricordiamoci di loro, e durante tutto l’anno ricordiamoci di Bonhoeffer, come, in verità, le Chiese e i singoli e le singole credenti stanno facendo da molti anni. Ormai in tanti lo celebrano (anche oggi si possono scorrere due articoli su importanti quotidiani), e a volte se ne parla non centrando il tiro, anzi equivocando e portando Bonhoeffer a icona delle nostre visioni del mondo e della Chiesa. La sua avversione nei confronti di un cristianesimo paludato e sterile non credo possa autorizzarci a vedere il trascendente in noi stessi.
Bonhoeffer arrivò agli ultimi giorni precedenti la propria esecuzione leggendo la Bibbia, scrivendo lettere e pregando. Le condizioni in un certo senso glielo imponevano: mente speculativa e filosofica, oltre che pastore di anime e grande professore e formatore di studenti in teologia, poteva vivere la reclusione nella lettura e nell’esercizio del pensiero. E ha tradotto in lettere all’amico Bethge il proprio dialogo con il suo Dio. Ma non dimentichiamo che il dialogo con Dio Bonhoeffer l’aveva conosciuto e praticato sempre, traendo proprio da quella irrinunciabile fonte l’ispirazione per scrivere, per insegnare, per additare agli aspiranti pastori la bellezza della «vita comune» ma anche il rischio di commisurare la sequela di Cristo agli ideali nostri.
«Dio non esaudisce tutti i nostri desideri, ma tutte le sue promesse». Bonhoeffer lo scrive in una delle ultime lettere, ma osiamo pensare che questo sia stato sempre il suo pensiero.