Gran Bar Internet
06 marzo 2015
I social “al femminile” non sono certo femministi. Però, a chi si aggira sul web da voyeur può sempre incappare in una campagna sulla disparità di genere
Intorno all'8 marzo i vari media propongono articoli "al femminile", che — come tanti altri articoli — vanno a popolare i social network. Ho i miei dubbi che una gallery con le "Dieci donne più ricche del mondo", tra le quali figurano diverse vedove di miliardari, sia veramente un'operazione "al femminile", esattamente come dubito che lo siano certi servizi su look, linea e bellezza delle riviste "per donne".
Il rapporto tra donne e internet può sembrare deludente agli occhi di chi ha a cuore le questioni di genere. Ad esempio, gli account Twitter di persone fisiche più seguiti al mondo sono di politici uomini e donne cantanti. E se fa fico seguire Obama e il papa, è abbastanza certo che nessuno li segue per coglierli nel momento in cui posteranno un sexy selfie, mentre si potrebbe ipotizzare che tra chi segue Britney Spears e Lady Gaga ci sia qualche voyeur in agguato.
In questo però si conferma uno degli assiomi della nostra epoca: internet è uno specchio della realtà. In altre parole, non aspettiamoci che la rete salvi il mondo dal maschilismo.
Su Facebook possiamo vedere diversi post gretti sulle donne. Dalle foto del volume che a occhio ha almeno 10mila pagine intitolato "Libro per capire la donna" ai vari commenti da bar nei confronti delle donne che svolgono ruoli tradizionalmente ricoperti da uomini: Samantha Cristoforetti e Laura Boldrini ne sanno qualcosa. È interessante che, come è noto, davanti ad una tastiera crollano molte delle inibizioni che abbiamo davanti alle persone in carne e ossa. Pertanto Facebook non fa altro che rivelare una realtà che altrimenti sarebbe rimasta nascosta nei cuori. E una volta rivelata, si può affrontare.
Cosa fanno di positivo, allora, i social network sulla questione della parità di genere? Ad esempio, aiutano le campagne di sensibilizzazione e presa di coscienza. Se infatti quel che si dice al bar "deve restare nel bar", le campagne necessitano di pubblicità, di adesione, di circolazione delle idee. Sono tante le iniziative sulle questioni di genere che hanno fatto il giro del mondo, dalla campagna di Monica Lewinski contro il cyberbullismo allo #HeForShe di Emma Watson, passando per il #BringBackOurGirls e il Posto Occupato. Tanto si è scritto sull'efficacia di queste campagne, tante critiche corrette sono state opposte all'attivismo da tastiera o da hashtag.
Tuttavia, le idee circolano e possono apparire sulla timeline del più chiuso utente maschilista che, in cerca di immagini nude rubate alle star, può imbattersi senza volerlo in qualcosa come il sacrosanto discorso di Patricia Arquette agli ultimi Oscar sullo scandalo della disparità di trattamento economico delle donne rispetto agli uomini, a parità di mansione.
E non è poco per il Gran Bar Internet.