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Europa contro Europa

Nella questione greca non si parla solo di debito, ma c'è in gioco un’idea diversa di Europa

La Grecia ha chiesto una proroga di sei mesi per restituire il debito con i paesi dell’eurozona, senza rinnovare il piano di salvataggio che prevede misure di austerità. La Germania ha già espresso parere negativo, e in queste ore l'eurogruppo sta discutendo a Bruxelles della proposta greca. L'aspetto importante di questo dibattito, però, è il confronto di due modelli diversi di Europa, che dovranno trovare il modo di dialogare. Abbiamo commentato le notizie con l'analista politico Jacopo Rosatelli.

I quotidiani ci parlano dell’Europa contro la Grecia, cosa ne pensa?

«Credo che si stia dando una rappresentazione di questo conflitto non molto corretta: se si pensa che ci sia un contrasto tra l’Europa e uno staterello cattivo, si sta sbagliando lettura e rappresentazione. In questo modo diventa facile dare la colpa alla Grecia, che sembra non stare ai patti e non rispettare la parola data. Quello che è in discussione, invece, e non sempre i giornali italiani lo rappresentano correttamente, è un idea di Europa diversa. Si stanno confrontando due visioni di che cosa dev’essere l’Europa unita. Vorrei dire finalmente. Un confronto chiaro tra due opinioni: da una parte quella rappresentata dalla Merkel, un Europa dove si sta insieme per fare economia, e dall'altra una visione più solidale, che punta sulla condivisione del destino di tutti i popoli europei, e su un idea di crescita e sviluppo diversa da quella di questi ultimi anni. Sarebbe un Europa che prende molto più sul serio alcune proprie regole fondative. Si dimentica che nell’Unione Europea è in vigore la Carta dei diritti fondamentali, quella stipulata a Nizza: il governo greco vorrebbe applicare questa carta, i diritti lì enunciati a volte vengono smentiti da determinate politiche. Quando qualche governante dice “bisogna rispettare i patti”, il primo da rispettare dovrebbe essere proprio la Carta dei diritti fondamentali dell'UE,che invece è il primo patto ad esser stato rotto da chi vuole le politiche dell’austerità. Quello che vediamo è un contrasto politico tra due visioni d’Europa che purtroppo viene rappresentato come “Europa contro Grecia”: occorre trovare un compromesso tra queste due idee d’Europa, altrimenti salterà il progetto complessivo, e ognuno andrà per sé».

Ci sono state delle aperture nel confronto tra questi due modelli?

«Sì, per fortuna la realtà non è dell’Europa contro la Grecia, e in tutti i parlamenti ci sono correnti che si contrappongono, anche all’interno dello stesso governo tedesco. Il partito social democratico non è esattamente sulle stesse posizioni della Merkel: se si prende il programma elettorale della Spd del settembre 2013 si trovava scritto "cambiare l’europa, più solidarietà" e così via; allo stesso modo il programma di Schulz delle elezioni di maggio, aveva un' idea di un Europa più solidale. Lo stesso discorso vale per la Francia, con il socialista Pierre Moscovici che ha certamente una posizione più solidale rispetto a quella di altri esponenti della commissione europea come il conservatore finlandese Jyrki Katainen. Ma spesso questo tende a emergere meno».

Il problema del debito greco è innegabile

«Senza ombra di dubbio la Grecia ha un debito pubblico eccessivo, e questo non lo nega nessuno, nemmeno il governo greco, però cambiano i possibili approcci a questo problema. La Grecia potrà risanare il suo debito se torna a crescere, oppure se continua a tagliare la spesa pubblica: sono due visioni opposte. Dal mio punto di vista il problema si risolve quando quel paese torna nelle condizioni di ripagare il proprio debito, e quindi se cresce, visto che il debito si misura in confronto al Pil. Crescita o austerità? Due visioni per affrontare lo stesso problema. Anche nei confronti dello stesso debito, c’è un approccio ingenuo, credo interessato e ideologico, che dice che è colpa dei greci. Ma c’è anche chi dice che non è colpa solo dei greci, ma è anche il frutto di una serie di dinamiche della politica finanziaria internazionale, che ha reso quel paese vittima e ostaggio del meccanismo». 

Qual è la reale preoccupazione europea?

«Esiste una parte della classe dirigente a Bruxelles che ha paura che un modello alternativo di Europa si affermi, o che vinca una prima battaglia politica. Vorrebbe dire che si delegittima il modello dell’austerità e dei governi che ci hanno puntato tutto. Esiste anche la preoccupazione di rompere l’Unione Europea; penso che se questa vicenda finisse male, nulla sarebbe più come prima, e il racconto europeo positivo e anche un po’ mitologico dell’unione, faro del progresso civile, sociale e economico, finirebbe a pezzi: sarebbe un dramma il ritorno a una politica di stati nazionali. Anche le opinioni pubbliche europee cambierebbero. Spero prevalga l’idea del destino comune, e che è bene stare insieme, ma se le classi dirigenti non hanno questa idea di fondo, tutto si fa più complicato».

C’è un effetto domino di queste dinamiche che dalla Grecia toccherebbe altri stati?

«Senza dubbio il governo tedesco teme che se la Grecia la dovesse spuntare, allora un ipotetico governo spagnolo di Podemos potrebbe seguire la strada di “ribellione” contro l’austerità. In Spagna ci saranno le elezioni politiche a novembre, ma quelle municipali e regionali di maggio saranno già importantissime, e da lì potremmo farci un idea più concreta. Un altro stato è l’Irlanda, andrà anch'essa al voto quest’anno,ed è in ascesa il partito repubblicano nazionalista Sinn Féin, di ideologia socialista, quindi anti austerità. L’effetto domino politico è questo. Da un punto di vista economico l’effetto domino è secondario, molti paesi si sono tutelati, la politica di Draghi garantisce molto di più, e ci sarà meno pressione rispetto al piano politico». 

Ascolta l'intervista su Radio Beckwith

 
Copertina: Stefano Stranges