Una comunità minacciata dall’espansione della città
16 febbraio 2015
La Westminster Presbyterian al servizio di chi vive ai margini
La chiesa presbiteriana di Westiminster nel quartiere di Waterfront (a pochi passi dall’antico porto fluviale di Washington) ci dà il benvenuto con una serie di banner che presentano le sue attività. Nel nostro vocabolario non esiste questa parola, che andrebbe tradotta con “bandiera”, “striscione” addirittura “gagliardetto”: una sorta di grande manifesto di stoffa che, spesso in maniera artistica e creativa, descrive qualcosa: un po’ un “biglietto da visita” artistico che offre immediatamente una prima idea di cosa puoi trovare al di là delle porte del tempio. Questa chiesa, con un’architettura in cemento un po’ greve, anni ’60 (ma la leggerezza non è esattamente una prerogativa degli edifici di Washington) presenta nei suoi giganteschi banner corsi di yoga, concerti jazz, incontri di auto aiuto per malati di Aids e di educazione sessuale, corsi di prima alfabetizzazione e ovviamente il culto domenicale.
Westminster Presbyterian nasce prima delle Guerra di Secessione (che si è svolta tra il 1861 e il 1865), quando la città era in piena espansione edilizia e la zona portuale attorno a quella che veniva chiamata “Isola Tiberina” (sic) era abitava da braccianti emigrati e schiavi afroamericani. Qui una missione presbiteriana decise di aprirsi ai più poveri con la costituzione di infermerie e l’edificazione di alloggi economici, alla portata di chi guadagnava troppo poco per potersi permettere altro. Dunque ciò che vediamo ora non è altro che la naturale evoluzione di una vocazione che parte decisamente da lontano, che ha saputo mantenere la medesima tensione spirituale e attenzione per i problemi veri. Infatti entrando nei locali – sale polivalenti in cui ci troveremmo tranquillamente “a casa nostra”, abituati come siamo ad una varietà di usi degli spazi – ci troviamo abbracciati da splendide foto dell’America “che ti aspetti”: anni ’50, auto con le pinne come squali, immagini di persone in maniche di camicia e che ballano rock ‘n roll… quasi tutti afroamericani. E poi su un banchetto colmo di volantini che pubblicizzano le diverse attività settimanali e i disegni dei bambini della scuola domenicale notiamo cestini colmi di profilattici, sormontati da una scritta: saving lives, condom distribution (distribuzione di preservativi per salvare vite).
Il pensiero è corso alla memoria di Luigi Giudici, scomparso una decina di anni fa, “colonna” delle chiese evangeliche del Triveneto ed appassionatamente impegnato nella lotta contro le malattie sessualmente trasmissibili, che avrebbe molto apprezzato l’idea di rendere disponibili i profilattici nei templi. Questa chiesa è indissolubilmente connessa alla comunità civile che abita nel quartiere di Waterfront. Questa comunità cristiana è fortemente minacciata da una città (Washington, ma questo tipo di storie si ripetono ovunque, non solo negli Usa) che si allarga e trasforma quartieri poveri in zone appetibili per le classi medie rampanti ed espelle i poveri. Verso la disperazione di un “niente” privo di tutto: case da abitare, lavori pagati decentemente, fratelli e sorelle con cui cantare, sperare, pregare.