Singolarità lombarde
30 gennaio 2015
Il commento di Giuseppe Platone, pastore valdese a Milano sulla legge della Lombardia che rende molto difficile la costruzione di nuovi edifici di culto
La Regione Lombardia ha approvato il progetto di legge che stabilisce nuove regole urbanistiche per la realizzazione di nuovi luoghi di culto. Una legge che, per via delle regole che sembrano penalizzare soprattutto le comunità musulmane, è stata definita “anti moschee” da vari osservatori, che l’hanno anche tacciata di incostituzionalità. La legge è stata ideata dalla giunta di Maroni anche in opposizione con le politiche del Comune di Milano, che aveva pubblicato un bando per assegnare tre aree del comune da destinare a luoghi di culto. Il commento di Giuseppe Platone, pastore valdese a Milano.
Pastore Platone, come reagisce la Milano religiosa a questa legge, secondo lei?
«In Consiglio regionale la legge è passata con 42 sì e 27 no, questo la dice lunga sul clima politico in Regione. Abbiamo una situazione di contrapposizione: la linea del Comune, con l’amministrazione Pisapia, che ha tentato di dialogare, di fare l’albo delle religioni, che ha fatto anche un bando per l’individuazione di tre aree da destinare al culto, ma che ora la Regione tenta di bloccare. Speriamo di no, visto che il bando è stato fatto prima della legge. I fatti recenti alimentano questa contrapposizione e vengono cavalcati: noi, come protestanti, abbiamo protestato, ma in Italia la tutela della libertà di religione è una bella frase, e nonostante la Costituzione, i principi di uguaglianza delle comunità di fede hanno difficoltà ad essere riconosciuti. Per fortuna c’è la Costituzione, ma siamo sempre nella solita situazione in cui una chiesa ha il trono, gli altri gli sgabelli, e gli altri ancora sono per terra. Una metafora che ci riporta all’islam e ai musulmani, che si mettono in ginocchio per pregare, e che sono un po’ le vittime di questa situazione; però torna comodo avere 400 mila islamici che lavorano in Lombardia, che producono, che pagano le tasse, ma che non hanno il diritto di pregare. Inoltre, questa legge è stata votata, vergognosamente, nel giorno della memoria».
Una legge che complica la vita anche ad altre realtà religiose
«Una cosa antipatica è che sta per arrivare l’Expo: c’è già stato un convegno sulla sacra famiglia con il logo della manifestazione, uno scivolone, e poi questa legge infelice. Sembra un voler creare ostacoli sempre nuovi, che fomentano la paura: è una sorta di fondamentalismo padano. Questa legge azzera il clima di dialogo che si era creato partendo dall’amministrazione Pisapia, passando dalla carta di Milano, e crea un clima ostile nei confronti di tutti gli islamici, tentando di colpire alcune, presunte, frange estremiste. Ma in generale è anche un problema culturale, di ignoranza sulle religioni. Anche Giuseppe Sala, manager generale dell’Expo, è perplesso di fronte a questa legge, perché veicola una non-accoglienza. Le religioni, che spesso sono obbligate a riunirsi nei garage, sono ricacciate nell’ombra: questa è la bella accoglienza che la Regione Lombardia sta operando nei confronti delle 400 mila persone di fede islamica e, anche, di chi verrà qui per l’Expo. Una legge che non aiuta nessuno: anche la chiesa cattolica sarà danneggiata, nel caso voglia costruire una nuova chiesa, o un oratorio».
Il problema dei luoghi di culto non adeguati è grande, a Milano?
«A Milano, ma anche in altre parti d’Italia. Il problema è che giustamente bisogna rispettare le leggi: il locale di culto deve avere le uscite di sicurezza, i servizi per i portatori di handicap, eccetera. Ma i paletti messi da questa legge sono enormi: una valutazione del comune, un parcheggio molto più ampio dell’edificio di culto, nuove strade di accesso, un referendum che affida al popolo il giudizio se un altro può esercitare la libertà di culto, anche se è tutelata dalla Costituzione; anziché aiutare queste nuove realtà religiose a costruire nuovi luoghi di culto le mette in difficoltà».
Questa legge discrimina anche quei gruppi religiosi che non hanno un’intesa con lo Stato: che ne pensa?
«L’intesa è un vestito su misura. Ognuno ha il suo, nel nostro paese ci sono dodici intese più il Concordato. L’islam non si presenta come soggetto unitario, quindi è più difficile andare in quella direzione, però non è obbligatorio fare una stipula con lo Stato: ma la libertà di culto deve essere garantita lo stesso. La Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia insiste moltissimo a colmare un deficit grandissimo parlando di libertà religiosa, infatti da tempo propone una legge quadro sulla libertà religiosa che prenda le mosse dalla laicità dello Stato: che dica che siamo prima cittadini, poi valdesi, buddisti, musulmani. Questa legge è stata presentata, ma è rimasta nel cassetto, anche perché la Chiesa cattolica ne ha bocciato il cammino, anche se molti cattolici la condividono. L’Europa è cambiata, occorre trovare il modo di arrivare a un accordo in un clima collaborativo, e questi muri non aiutano».