Ubbidire a Dio
26 gennaio 2015
Un giorno una parola – commento a Atti degli apostoli 5, 29
Chi non ti temerebbe, re delle nazioni? Poiché questo ti è dovuto; poiché fra tutti i saggi delle nazioni e in tutti i loro regni non c’è nessuno pari a te.
(Geremia 10, 7)
Bisogna ubbidire a Dio anziché agli uomini.
(Atti degli apostoli 5, 29)
È la risposta di Pietro e degli altri apostoli, usciti di prigione per l’intervento di un angelo (messaggero di Dio), alla domanda intimidatoria del sommo sacerdote del tribunale di Gerusalemme. Ma l’angelo aveva raccomandato loro di andare anche a predicare nel tempio “tutto quanto riguarda la nuova vita”.
Di fronte alla vocazione del Signore alla predicazione non c’è comando umano che tenga, non esiste alcuna minaccia repressiva o perfino mortale che possa chiudere la bocca dei predicatori dell’Evangelo. L’evangelizzazione è una necessità e “Guai a me se non evangelizzo”, dice Paolo ai Corinzi (9, 16).
All’annuncio della “bella notizia” della grazia che giunge immeritatamente con la morte e la resurrezione del Cristo, intere generazioni di credenti hanno dedicato la propria vita. L’elenco dei martiri si apre con Stefano e prosegue ancora oggi con la persecuzione di cristiani in alcune parti del mondo. Tra l’altro ubbidire agli uomini significherebbe omologarsi a una qualche logica umana. Ma quale? A quella del prestigio e del potere che muove il tribunale ecclesiastico contro Pietro e gli apostoli? A quella della fama e del successo? A quella della competizione e della prevaricazione? A quella dell’homo homini lupus o a quella del si vis pacem para bellum (se vuoi la pace prepara la guerra)? Non credo, sinceramente, che si possa procedere a una di queste scelte, perché sarebbero tutte fuori della logica del servizio e dell’amore alle quali è chiamato ogni credente. Dunque, dal momento che le logiche umane sono segnate anch’esse dagli stessi limiti e dalle stesse fragilità inerenti la natura umana, molto meglio ubbidire a Dio anziché agli uomini. Il Dio che ci ha amati donandoci il Figlio, che continua ad amarci restando con noi nei momenti belli e brutti delle nostre esistenze. In Lui certamente possiamo confidare ed essere certi della speranza nella nuova vita. Egli è la nostra unica consolazione. In vita e in morte.