Contro la violenza e l’estremismo la risposta è “insieme”
15 gennaio 2015
Intervista a Izzeddin Elzir, presidente Ucoii, Unione delle Comunità islamiche d’Italia
La strage nella redazione di Charlie Hebdo e le successive ripercussioni su più di 50 moschee e luoghi di culto in Francia si inseriscono in un quadro di crescente islamofobia in Europa, come dimostrano le manifestazioni di Pegida in Germania, quelle di Pegida Svizzera e molti altri casi. C'è però anche un altro modo di reagire, quello del dialogo, del confronto e della condivisione, come raccontano le numerose manifestazioni di cittadini e cittadine che hanno voluto dire "no" alla paura del diverso. Ne abbiamo parlato con Izzeddin Elzir, presidente Ucoii, Unione delle Comunità islamiche d’Italia.
Pariamo dalla Francia: dopo l’attentato al giornale ci sono state molte ripercussioni contro i musulmani nel paese.
«L’obiettivo dei terroristi è creare una barriera: e qualcuno cade in questa trappola. Più di cinquanta attacchi in Francia; in Italia, un assessore in Sardegna ha scritto “dobbiamo sterminarli tutti con i loro figli” sul proprio profilo on line, un altro assessore del Veneto ha distribuito ai presidi delle scuole una circolare che discrimina i musulmani. Un certo tipo di politica usa questo momento difficile e usa queste vittime per cercare di prendere voti o per fomentare l’odio».
Anche senza i fatti di Parigi, l’islamofobia sembra crescere in Europa: è davvero così?
«Purtroppo sì, come l’antisemitismo. In Germania, negli ultimi tre mesi abbiamo avuto moschee bruciate, imbrattate, insulti scritti, in più di cento casi. Dall’altra parte però, c’è una grande consapevolezza all’interno della nostra società europea, di quei concittadini che esprimono grande solidarietà nei confronti dei musulmani».
Come è successo in Germania?
«Sì, la nostra risposta deve essere “tutti quanti insieme”, così come le diverse religioni hanno manifestato in Germania, con la cancelliera Merkel, e con i cristiani, i musulmani, e i rappresentanti di altre fedi religiose: insieme per dire che la vera Europa è quella, e non possiamo lasciarla ostaggio nelle mani di piccoli gruppi estremisti».
Il portavoce dei musulmani tedeschi ha detto che i terroristi invece di difendere il Profeta hanno commesso la peggiore bestemmia. Se ne è discusso nelle comunità?
«Certamente. Venerdì scorso nella maggior parte delle moschee si è parlato di questo argomento. Difendere il Profeta o essere contrari alle vignette non si fa in questa maniera: così si fa il gioco dell’estremismo, contro l’islam e contro la fede».
Sul “dissociarsi” richiesto ai musulmani, molti hanno risposto che non ha senso, se non ci si è mai associati: cosa ne pensa?
«La comunità musulmana è stanca di questo associarsi e dissociarsi, perché questa violenza non è qualcosa che ci appartiene. Detto questo noi lo facciamo, ma come senso di responsabilità, anche se non dobbiamo dimostrare in questo modo che siamo persone per bene e cittadini come tutti gli altri. Non dobbiamo vivere ciò che hanno vissuto gli ebrei 70 anni fa, che erano sospettati di essere la “quinta colonna” e ai quali si chiedeva di dissociarsi: la comunità islamica è parte integrante del tessuto sociale italiano e europeo e la lealtà della comunità non può essere messa in discussione perché la sicurezza dell’Europa, anzi la sicurezza mondiale è anche la sicurezza di ogni musulmano».
Anche all’interno del mondo islamico le divergenze nascono da una diversa interpretazione del testo?
«Si, chi prende un versetto può dare una risposta non giusta. Occorre conoscere bene il Corano e gli obiettivi finali del messaggio dell’Islam, così come nel caso delle altre fedi. L’unicità del Creatore, i suoi messaggeri e il messaggio, ma anche il rispetto della dignità umana. In un versetto si dice “In verità abbiamo onorato i figli di Adamo”, quindi non dice i musulmani, i cristiani o gli ebrei, ma tutti i figli di Adamo. Non si può prendere mezzo versetto e dire questo è il Corano o questa è la Bibbia. Dobbiamo prendere il senso del messaggio divino: l’unicità di Dio e la dignità dell’essere umano. Diciamo sempre che dobbiamo rafforzare il dialogo interreligioso, è vero, ma dobbiamo rafforzare ancora di più il dialogo intrareligioso».
Qual è la fotografia dell’Italia sul tema islamofobia?
«C’è questo sentire, basta guardare i risultati delle ultime elezioni in Emilia Romagna; ma abbiamo fiducia nei nostri concittadini che non accettano queste provocazioni e questi estremismi».
Come si esce dalla paura del diverso?
«Con il dialogo, con il confronto. Ognuno di noi ha un musulmano accanto a lui, a lavoro, a scuola, all’ospedale: cominciamo a parlarci, anche degli argomenti scomodi. Questo crea amicizia, ma soprattutto fiducia».