Una difesa non violenta è possibile
10 dicembre 2014
Da cosa dobbiamo difenderci e con quali strumenti? In un momento di crisi come quello attuale è opportuno aumentare le spese militari?
Il 4 dicembre il Parlamento ha approvato il programma ventennale da 5,4 miliardi di euro per la costruzione di una nuova portaerei, dieci pattugliatori, una nave appoggio e due piccole unità veloci da assalto. La spesa non sarà a carico del Ministero della Difesa ma di quello dello Sviluppo Economico. Oggi, 10 dicembre inizia la raccolta di firme per una proposta di legge di iniziativa popolare: “Istituzione e modalità di finanziamento del Dipartimento della Difesa civile, non armata e nonviolenta”. L’iniziativa è promossa da più di 200 associazioni della società civile italiana, che vogliono dare piena attuazione alla “difesa della patria” dell’articolo 52 della Costituzione, istituendo nuove forme di Difesa civile, in coerenza con il “ripudio della guerra” dell’articolo 11.
Ne parliamo con Massimo Valpiana, giornalista, attivista, e presidente del Movimento Nonviolento Italiano.
Perché questa proposta?
«Il nostro è un tentativo di uscire dalle scelte assurde che il governo ha confermato a dispetto di quello che viene annunciato. Con la spending review si fanno tagli per contenere la crisi in tutti i settori, soprattutto nella sanità, negli ammortizzatori sociali, nelle pensioni: l’unico settore che non è stato toccato è quello militare. Non parlo solo degli annunci di dimezzamento della spesa per gli F35, smentiti dai fatti, visto che il governo ha confermato in pieno l’acquisto dei caccia. Il complessivo della spesa militare è di oltre 23 miliardi, ed è uguale a quello dell’anno scorso. Grazie al rapporto Sbilanciamoci [pubblicato lo scorso 27 novembre, ndr] abbiamo scoperto che sono stati aggiunti 5 miliardi, messi in capitolato al Ministero dello Sviluppo Economico, per nuove spese nel campo della marina militare e in particolare l’acquisto di una nuova portaerei oltre la Garibaldi e la Cavour. Il giro di Mafia Capitale è di 1,3 miliardi, qui siamo a cinque volte tanto. Spese che in assoluto gridano vendetta, in particolare in una fase economica difficile per tutte le famiglie e per la società italiana. Per dare una risposta positiva i movimenti per la pace, per il disarmo e per la non violenza si sono mossi per una proposta di legge di iniziativa popolare per istituire un Dipartimento per la Difesa civile non armata non violenta. Non per spendere di più, ma per spendere meglio, cercando di spostare fondi dalla difesa armata a una vera difesa, civile, di cui c’è bisogno. Da cosa dobbiamo difenderci e con quali strumenti? I pericoli reali secondo noi sono quelli della povertà, della disoccupazione, del panorama idrogeologico italiano fragile, e così via. Ma se sono questi i problemi che dobbiamo affrontare, gli strumenti non sono gli F35, ma un potenziamento della Protezione Civile, del Servizio Civile, l’Introduzione dei corpi civili di pace».
Nel concreto di cosa si occuperebbe un Dipartimento di difesa non violento?
«Deve fare e coordinare le politiche di difesa civile, non armata e non violenta: i termini sono giuridici, e sono già presenti nella nostra legislazione. Fatta da civili, senza armi e che usa il metodo e le tecniche della non violenza. Coordinare queste forme, che già esistono, è un passo fondamentale: il Servizio Civile, la Protezione Civile che si occupa di aspetti molto diversi della vita del paese che però è ancora molto fragile (a Genova nell’ultima alluvione le istituzioni si sono appellate all’esercito, che non era sufficientemente preparato). La difesa civile è anche una difesa del territorio e della comunità, della vita e dei diritti umani fondamentali. Naturalmente i problemi sono anche internazionali, come nei luoghi di conflitto: noi prevediamo l’istituzione dei corpi civili di pace, che possano intervenire per prevenire il conflitto, altre esperienze concrete che già esistono. Fondamentale sarà anche la creazione di un Istituto di ricerche sulla Pace che abbia il compito di definire le politiche di indirizzo di ricerca e costituzione della pace e che venga fatto in modo professionale con le università, istituti di formazione e così via. Questa è una proposta politica concreta, per aprire discussione sul termine “difesa”, che ha una storia importante».
Come sarà finanziato il Dipartimento?
«Un primo finanziamento arriverà da parte dello Stato, 100 milioni, che dovrebbe prelevarli dal comparto militare. Dopodiché proponiamo l’intervento diretto e libero dei cittadini, con la destinazione di un 6 per mille dell’Irpef per il Dipartimento, per finanziare la nuova difesa civile. Nuova, anche se non vogliamo introdurre novità, ma solo dare riconoscimento a un tipo di difesa che esiste nel nostro paese, come il Servizio Civile, e dare piena attuazione all’articolo 52 della Costituzione, che parla della difesa della Patria, ma senza specificare che questa debba essere armata. Un punto centrale sarà spostare fondi dalla difesa armata a quella non violenta».