Violenza contro le donne, peccato di genere
25 novembre 2014
La presa di posizione delle chiese su un fenomeno che non accenna a diminuire
Oltre 170 donne sono morte nel 2013 colpite per lo più da mano, presunta, amica: compagno, marito, zio, padre, collega. Bruciate, accoltellate, stuprate, picchiate, buttate nei rifiuti, è quello che è successo a donne italiane e straniere, nel nostro bel paese. Ragazze, madri, nonne, casalinghe, lavoratrici i cui nomi sono raccolti, anno per anno, da associazioni di donne che li registrano per non dimenticare quell'antico peccato di genere che invece di scomparire tende a diventare ogni anno più manifesto.
Sì, si tratta di peccato di genere, non ha un altro nome. E' quel peccato tutto maschile che assoggetta e uccide volontà, genio, corpo femminile lasciando alle proprie spalle un mondo in cui nascere donna significa vivere guardandosi le spalle, coabitando con la paura. Anche quando le donne riescono a costruirsi un'esistenza da poter vivere con sovranità e agio, dietro l'angolo può esserci l'orrore e dentro casa il mostro e ciò continua ad accadere in maniera indipendente dalla loro volontà. Finalmente anche le nostre chiese hanno disatteso quel silenzio omertoso che da sempre circola intorno alle violenze di genere. Negli ultimi due sinodi sono accadute alcune cose davvero importanti su questo tema: si è riconosciuto che nessuno, neanche i membri, né tanto meno le famiglie, delle nostre chiese, sono del tutto immuni dalla violenza domestica; si chiede a tutta la chiesa, ad ogni suo livello, di impegnarsi affinché ogni cosa possa essere fatta non solo per contrastare la violenza di genere ma anche per creare una maschilità meno violenta.
Diversi sono stati gli ambiti di impegno in questa direzione: dallo scorso aggiornamento delle pastore e diacone Bmv al seminario delle Unioni Femminili delle Valli Valdesi, al costante impegno della Fdei che prepara da anni il libretto “16 giorni per vincere la violenza”. In molte chiese è possibile trovare “Il posto occupato” riconoscibile con qualche oggetto rosso che ricorda chi avrebbe potuto utilizzare quella sedia che oramai rimarrà vuota a causa della sua morte per mano violenta. La direzione è quella giusta, il lavoro da fare è ancora tantissimo e questa volta occorre che si impegnino davvero i nostri uomini affinché inventino uno stile di vita, che diventi espressione di una maschilità in grado di rispettare il fatto che uomini e donne nascono entrambi dal desiderio di Dio.