Chi semina cemento raccoglie tempeste
13 novembre 2014
Dal clima globale alla gestione del territorio: quanto c'è di umano nei danni del maltempo?
Il maltempo ha colpito in queste settimane molte zone d’Italia, causando ingenti danni, feriti e morti. Durante gli Stati generali contro il dissesto idrogeologico, pochi giorni fa, il ministro dell’Ambiente Galletti ha additato i condoni edilizi come principali responsabili dell’urbanizzazione e della cementificazione selvaggia, promettendo che non saranno più permessi: «sono tentati omicidi alla tutela del territorio», aveva detto. Il tema della responsabilità di questi fenomeni è importante, perché se spesso sono attribuiti ai cicli della natura, è indubbio che l’intervento umano li condiziona massicciamente. Pensiamo alla gestione urbanistica in ambito locale, ma anche alla responsabilità climatiche, a livello globale: Stati Uniti e Cina, maggiori responsabili della produzione di gas serra, hanno formalizzato una bozza di impegno per limitare le loro emissioni da qui al 2030.
Commentiamo queste notizie con Giorgio Zampetti, responsabile scientifico di Legambiente.
Le notizie di cronaca legate al maltempo continuano ad aumentare, cosa ne pensa?
«Sicuramente partiamo da una condizione climatica che causa il verificarsi di eventi estremi, piogge sempre più frequenti, soprattutto in alcune zone del nostro paese. La Liguria negli ultimi due mesi ha avuto conseguenze disastrose per questo. Un altro aspetto riguarda il territorio: per come l’abbiamo gestito e urbanizzato non è più in grado di sostenere questi eventi. Le esondazioni di un corso d’acqua o la frana su un versante di montagna ora causano delle vere e proprie tragedie».
Quanto conta il cambiamento climatico globale?
«Abbiamo un andamento del clima che ci porterà ad avere una maggiore frequenza di questi eventi intensi, in maniera sempre più costante. Ma quello che è avvenuto fino ad adesso è la mancanza di interventi risolutivi per ridurre il rischio. L’impegno del ministro Galletti mi auguro che corrisponda ad una azione efficace. Evitare il rischio oggi si può fare solo con una politica a 360 gradi. Dobbiamo anche considerare quello che ci chiede l’Europa con le sue direttive, per le acque e per la difesa del suolo: tutti i paesi membri devono individuare un autorità di distretto che deve fare dei piani di bacino idrografico e andare a determinare gli interventi da fare per la mitigazione del rischio idrogeologico. Su queste direttive siamo in fortissimo ritardo. Se questa materia finisce a essere gestita solo dagli enti locali senza una pianificazione più generale, rischiamo di spendere soldi per degli interventi che possono rivelarsi inefficaci. Il Ministero dell’Ambiente deve istituire queste regole per il controllo e per la pianificazione, poi anche gli altri livelli per mettere in pratica gli interventi».
A proposito delle parole del ministro, crede che i condoni e le regole siano il punto centrale?
«Il tema dei condoni riguarda come abbiamo costruito e come le città si sono espanse in aree in cui non avrebbero dovuto: è centrale per la mitigazione del rischio. Ogni condono, anche solo annunciato, si porta dietro la costruzione di tantissimi edifici fuori da ogni regola e da ogni piano. Quello che dobbiamo fare, però, è anche fermare le espansioni urbanistiche e comunali già oggi previste che vanno a toccare zone di esondazione, da nord a sud in Italia. Il consumo del suolo è un altro punto fondamentale, la cementificazione non permette di assorbire l’acqua, questo aumenta la portata dei fiumi e così via».
Come guardiamo al recente accordo di Cina e Usa sul clima?
«Da una parte è positivo, con degli impegni formalizzati da parte dei due paesi, che fino ad oggi non si erano mai impegnati concretamente in questa battaglia, ma dall’altra i contenuti dell’accordo forse sarebbero andati bene qualche anno fa, quando sono iniziati gli accordi sul clima. L’emergenza climatica di fronte alla quale ci troviamo oggi ci impone misure molto più efficaci e concrete. Ci auguriamo che all’intenzione corrispondano delle azioni più efficaci. Altrimenti in futuro la sfida sarà troppo complicata da giocare».