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La forza dell’amore di Dio

Un giorno una parola – Commento a II Samuele 12, 13

Davide disse a Nathan: «Ho peccato contro il Signore». Nathan rispose a Davide: «Il Signore ha perdonato il tuo peccato; tu non morirai».
(II Samuele 12, 13)

Voi sapete che egli è stato manifestato per togliere i peccati.
(I Giovanni 3, 5)

Chi ne ha voglia e tempo legga completamente i capitoli 11 e 12 del II libro di Samuele. Vi troverà una storia affascinante e tremenda, che ha come protagonista il re Davide, il quale si comporta non come avrebbe dovuto un re di Israele, ma come un monarca assoluto, un re «come quello di qualsiasi altra nazione», dotato per giunta di una buona dose di cinismo.

Davide si è reso colpevole di adulterio e di omicidio, disprezzando il valore e la vita di due esseri umani, ma quando il profeta Nathan lo inchioda alle sue responsabilità, ha l’umiltà e la forza di riconoscere: «Ho peccato contro il Signore». Non solo perché ha infranto due comandamenti, ma perché non esiste torto fatto a un essere umano che non sia anche un torto fatto a Dio, in quanto ogni uomo e ogni donna che abbiamo di fronte portano sul loro volto l’immagine di Dio. Di questo, Davide si rende conto, e se ne pente (vedi il bellissimo Salmo 51, 1-17). Al pentimento seguono il perdono di Dio e la riabilitazione di Davide.

La convinzione diffusa - e purtroppo assai condivisa - che “siamo tutti peccatori” esprime certo un dato di fatto, ma è anche un liquido vischioso nel quale anneghiamo e cancelliamo il nostro specifico peccato, del quale finiamo per assolverci da soli.

Questa vicenda ci parla della concretezza del peccato e della forza dell’amore di Dio. Non posso essere veramente perdonato se non ho veramente riconosciuto il mio peccato, e ci sarà vera e totale riconciliazione solo se non avrò barato davanti a Dio. Il Salmo 32 (v. 2) canta: “Beato l’uomo a cui il Signore non imputa l’iniquità, e nel cui spirito non c’è inganno”.

Foto: "Paris psaulter gr139 fol136v". Con licenza Public domain tramite Wikimedia Commons.