«Un uomo assolutamente buono?»
22 ottobre 2014
L’idiota di Dostoevskij o il compito di raccontare l’impossibile. Una riflessione sulla fede del grande scrittore russo
Dostoevskij considerava «L’idiota» la sua opera più riuscita. Scriveva a un amico: «Non ho mai avuto un’idea poetica più bella e più ricca». E quest’idea la espose in una lettera ad una sua nipote: «L’idea essenziale del romanzo è di rappresentare un uomo assolutamente buono. Niente è più difficile al mondo, soprattutto in questo momento. Tutti gli scrittori che hanno cercato di rappresentare il bello assoluto, hanno sempre fallito, perché è un compito impossibile. Il bello è l’ideale, e l’ideale, sia da noi che nell’Europa civilizzata, è ancora lontano dall’essersi cristallizzato». E poi, ancora: «Al mondo esiste un solo essere assolutamente bello, il Cristo, ma l’apparizione di questo essere immensamente, infinitamente bello, è di certo un infinito miracolo».
Il principe Myškin, il personaggio centrale de «L’idiota», è il tentativo di rappresentare l’impossibile presenza nella società moderna di un uomo di assoluta bontà e bellezza morale. Negli appunti preparatori del romanzo, Dostoevskij descrive così le caratteristiche di Myškin: «Timore. Sottomissione. Umiltà. Suo modo di considerare il mondo: perdona tutto, trova una ragione per tutto, non conosce peccato imperdonabile e scusa tutto». Qualcuno ha detto che Myškin, «l’idiota», è una variante del mentecatto o «folle di Dio», in cui la tradizione russa vede il riflesso più immediato di Cristo; altri, come l’autore (teologo e filosofo) cattolico Romano Guardini (1885-1968), vedono in Myškin un vero e proprio simbolo di Cristo e trovano nella tragica conclusione della sua vicenda un riflesso della morte redentiva di Gesù sulla croce. È una questione su cui molti hanno dibattuto. Ma forse non è nemmeno così importante rispondere per forza in un senso o nell’altro.
Quello che è oggi per noi il valore de «L’idiota», al di là del suo altissimo pregio letterario, è che ci mette a diretto contatto con l’innamoramento di Dostoevskij per Cristo e con la sua fede originale e nuda, «passata – come dice egli stesso – attraverso il crogiolo dei dubbi» e forse, potremmo aggiungere, mai definitivamente uscita da quel crogiolo. Ma la vera fede non è forse quella che sa contemplare il dubbio, l’oscurità e la rivolta?
Ancora, al cuore de «L’idiota» scopriamo palpitanti due grandi temi che sono al cuore del cuore di Dostoevskij, e che percorrono tutta la sua opera: il tema della libertà e quello della bellezza (è proprio in questa opera che troviamo la celebre affermazione: «La bellezza salverà il mondo»). Senza la libertà e senza la bellezza noi perdiamo noi stessi e la nostra umanità, questa è la convinzione di Dostoevskij, che al tempo stesso è perfettamente consapevole che si tratta di due realtà enigmatiche e ambigue: la libertà non può fare a meno della possibilità del male, perché che libertà sarebbe quella che non potesse anche scegliere il male? E così la libertà è sempre a rischio di decadere in ostinazione, arbitrio, volontà d’autodistruzione. Per questo basta leggere le «Memorie dal sottosuolo»; e per quel che riguarda la bellezza, ascoltiamo quel che di essa dirà Dimitri Karamazov: «La bellezza è una cosa tremenda. Non riesco a sopportare che un uomo dal cuore nobile e dall’ingegno elevato cominci con l’ideale della Madonna per finire con quello di Sodoma. Ma la cosa più terribile è che, portando nel suo cuore l’ideale di Sodoma, non rifiuti nemmeno quello della Madonna (...) Il cuore trova bellezza perfino nella vergogna, nell’ideale di Sodoma che è quello della maggior parte degli uomini».
In questa situazione Dostoevskij ha una sola risposta: Gesù Cristo e la sua grazia. Cristo è la libertà che non viene annullata dal male dell’arbitrio, ed è anche, come già abbiamo visto, il solo «essere immensamente, infinitamente bello... l’infinito miracolo» di Dio. È l’amore libero di Dio, e nella grazia del libero amore la libertà divina e la libertà umana si conciliano, la bellezza può risplendere intoccata. Ma come noi anche lui ha dovuto vivere la sfida del male, dell’arbitrio, del fango del mondo e della storia. È stata l’incarnazione. La breve luminosa drammatica apparizione del principe Myškin sulla scena del mondo è anch’essa un’incarnazione della libertà e della bellezza, e il loro incontro e scontro con la dura realtà dell’esistenza umana.
Alle 18, alla chiesa riformata elvetica e valdese (p. San Silvestro 1) di Trieste, il Centro «A. Schweitzer» organizza una conferenza del pastore Ruggero Marchetti sul tema «“L’idiota” di Dostoevskij o “il compito impossibile di rappresentare un uomo assolutamente buono”».