Accettare i limiti non è segno di debolezza
24 settembre 2014
Lo psichiatra Eugenio Borgna a Torino Spiritualità
Il rapporto che ognuno e ognuna di noi ha con i propri limiti è sempre di difficile individuazione: si va smarrendo una dimensione che per i credenti era biblica e per tanti altri e altre si rifaceva alla sapienza degli antichi, una dimensione all’interno della quale era normale che qualcuno ci ricordasse la nostra piccolezza di fronte all’immensità del mondo; sta di fatto che ogni (presunta) debolezza viene vista nella nostra cultura come qualcosa di cui vergognarsi. Non è così, è questa una lettura superficiale della nostra interiorità e soprattutto delle risorse che essa stessa ci offre, sol che vogliamo aprirci a queste ultime senza pregiudizi.
Di una delle caratteristiche sotto esame, la fragilità, si occupa il dialogo che la scrittrice Valeria Parrella (ultimo libro il romanzo Tempo di imparare, Einaudi 2014) intesserà con lo psichiatra Eugenio Borgna (sabato 27 alle 15,30 al teatro Carignano – ingresso 5 euro).
Nato nel 1930, uno dei decani della psichiatria in Italia, Borgna ha affiancato all’attività universitaria (Clinica delle malattie nervose e mentali) e alla scrittura di libri specialistici l’attività clinica, esercitata principalmente nel reparto della psichiatria femminile dell’Ospedale di Novara. Una pratica pluridecennale che al medico originario di Borgomanero ha dato modo di maturare un’esperienza preziosa, messa poi a disposizione di tutti. È nei libri non-accademici, infatti, che Borgna ha incontrato idealmente (ma anche direttamente, nei molti incontri a cui si concede instancabile ogni anno) migliaia e migliaia di persone interessate al suo pensiero.
Dalla pratica clinica Borgna ha acquisito una capacità di investigare i sentimenti al di fuori di ogni retorica o banalizzazione riduttiva: riportando con sincera partecipazione i casi umani di persone soggette a vere e proprie patologie, ma anche semplicemente caratterizzate da sentimenti vissuti con intensità estrema (la malinconia, la fantasia, la nostalgia, la fragilità, appunto), e attraversando in parallelo secoli di grande letteratura, poesia, pittura e anche cinema, il medico-scrittore coglie nei suoi lavori le modalità in cui l’umanità riesce a darsi degli strumenti per resistere alle difficoltà e alle durezze della vita e delle passioni che la permeano. Struggimenti, amori infelici, delusioni, ma anche pienezza di vita, entusiasmi, sogni: un patrimonio che a volte stentiamo a riconoscere come dono e che tendiamo ad assoggettare come meri strumenti operativi dell’esistenza.
L’arcipelago delle emozioni (2001), Le intermittenze del cuore (2003), Come in uno specchio oscuramente (titolo paolino del 2007), Le emozioni ferite (2009), La solitudine dell’anima (2011) e La dignità ferita (2013), tutti editi da Feltrinelli, sono i titoli più fortunati dell’attività di scrittura di Borgna. A Torino si parlerà tuttavia di un piccolo recentissimo libro uscito nel maggio scorso presso Einaudi, La fragilità che è in noi. Una riabilitazione delle emozioni fragili, che rinviano alla nostra umanità come e più di tante affermazioni di forza e magari di arroganza.