Comunione nel tempo del pianto
22 settembre 2014
Un giorno una parola - Commento a Romani 12, 15
Tre amici di Giobbe, avendo udito tutti questi mali che gli erano piombati addosso, partirono. Rimasero seduti per terra, presso di lui, sette giorni e sette notti; nessuno di loro gli disse parola, perché vedevano che il suo dolore era molto grande.
(Giobbe 2, 11-13)
Piangete con quelli che piangono
(Romani 12, 15)
Certamente ricorderete la struggente e famosa poesia di Giosuè Carducci, Pianto antico, scritta nel ricordo della morte, a soli tre anni, del figlio Dante. Per il poeta si tratta di compiere un tentativo per scacciare la presenza desolante del soffrire e del morire ricorrendo a immagini primaverili e vitali: “verde melograno”; “bei vermigli fior”; “luce e calor”, mentre non vi è nel presente altro che “terra fredda”; “terra negra”. Un tentativo che non impedisce al poeta di piangere e di essere sommerso da un dolore senza consolazione, come in diverse occasioni scrisse al fratello.
Il pianto non è liberatorio, ma è la prigione del proprio soffrire e la schiavitù del dolore. Forse è per questo che molti non vogliono piangere illudendosi di essere liberi in un mondo ove ogni giorno è seminato quanto di più tremendo può costruire la malvagità umana.
Nell’esperienza del pianto la Bibbia non cerca di offrire al credente alcuna comprensione del soffrire, non cerca di spiegare il tragico contrasto tra lo scorrere del tempo sempre vitale e la ferita nel cuore umano per ogni dolore. Invece di capire è importante che si realizzi comunione nel tempo del pianto! E questo avviene se si è capaci di essere bagnati dalle lacrime del fratello sofferente, se si accetta di condividere il dolore altrui con una partecipazione completa e non occasionale, se si è pronti a portare un peso grande anche se non è il proprio.
Non è cosa da poco seguire l’esortazione apostolica perché è necessario lasciare quanto è nostro e dimenticare le facili consolazioni per poter essere immersi nel dolore altrui offrendo una forza di speranza che deriva dall’amore e dalla fede. Neppure sarà un’azione facile dato che il nostro umano egoismo ci impedirà di offrire comunione con colui e colei che piange. Ma nonostante tutto il peso del nostro peccato, ci è data questa vocazione di essere pronti ogni giorno ad asciugare le lacrime del fratello.